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CONTABILIZZAZIONE CALORE: I CRITERI DI RIPARTO SPESE

La domanda

Sono proprietario di un piccolo appartamento, tenuto a disposizione, nel cui stabile è stato installato il sistema di contabilizzazione del calore, stabilendo al 60% la quota fissa e al 40% quella a consumo.È possibile, e come, contestare tale criterio di ripartizione dei costi, in quanto contrario allo spirito della legge (chi più consuma più paga, allo scopo di spingere verso un risparmio energetico)?Mi sembra, infatti, che generalmente la quota fissa non superi il 40 per cento.

Il Dlgs 102 del 4 luglio 2014 ha introdotto rilevanti novità nel settore della contabilizzazione del calore dei condomìni centralizzati. Per introdurre le importanti novità dettate dal Dlgs citato, "Attuazione della direttiva 2012/27/Ue sull’efficienza energetica", in merito alla contabilizzazione del calore negli edifici, l’articolo 9, comma 5, prevede che «per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale... quando i condomìni sono alimentati dal teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento degli appartamenti e delle aree comuni, qualora le scale e i corridoi siano dotati di radiatori, e all’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma tecnica Uni 10200 e successivi aggiornamenti». Sicché, la norma Uni 10200/2013 è resa obbligatoria per il riparto delle spese. Uno dei principali criteri fino ad ora adottati per prassi dai condomìni stabiliva una quota "fissa" da dividere in millesimi, e una "variabile" da ripartire secondo le misure dei contatori. Queste due percentuali sono ora sostituite concettualmente da quota consumo volontario e quota consumo involontario.La prima verrà suddivisa in funzione degli effettivi consumi registrati dagli strumenti, mentre la seconda sarà in funzione dei millesimi di fabbisogno di riscaldamento. Come suggerisce l'aggettivo "involontario", tale componente energetica rappresenta le dispersioni delle colonne di distribuzione del calore. Questo calore non è regolabile dagli utenti che comunque ne beneficiano. La norma Uni 10200 riporta quindi i criteri per:a) determinare la quota involontaria, da suddividere a millesimi, e quella volontaria, in funzione del consumo (non sarà più un valore fisso deciso dall'assemblea, come ad esempio il 30 per cento, ma sarà calcolato in funzione di diversi parametri);b) stabilire dei nuovi millesimi di riscaldamento in base al fabbisogno energetico dei singoli appartamenti.Per fare tutto ciò è necessario far redigere da professionisti un progetto tecnico, che consenta anche di ottemperare al corretto calcolo delle dispersioni dei singoli appartamenti o di effettuare un'analisi energetica delle singole unità immobiliari.Pertanto, ricordando la natura inderogabile delle disposizioni contenute nell’articolo 9 del Dlgs 102/2014 (relative alla ripartizione delle spese per il riscaldamento centralizzato), qualora la giurisprudenza dovesse confermare l’orientamento di merito già delineato - secondo cui la tutela apprestata dalla normativa è di interesse pubblico e non privato - le delibere con le quali si suddividono i costi di riscaldamento con criteri diversi da quelli indicati dalla norma citata (e ciò vale anche nel caso prospettato dal quesito, ove è stata illegittimamente indicata una quota fissa, adesso "quota consumo involontario", pari al 60 per cento) sarebbero nulle, e non annullabili.

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