CON IL VOLONTARIO NON C'È RAPPORTO PATRIMONIALE
Il volontariato, così come definito dall’articolo 2 della legge n. 266/91, consiste in un’attività “prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”.La legge stabilisce, altresì, l’incompatibilità del volontariato con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato od autonomo e con ogni altro rapporto avente contenuto patrimoniale con l’organizzazione di volontariato.In altri termini, il lavoro gratuito deve derivare inequivocabilmente da un rapporto “non economico” con il fruitore della prestazione lavorativa. In mancanza di tali requisiti, sia il lavoratore che gli istituti preposti alla vigilanza o beneficiari dei contributi previdenziali e assistenziali potrebbero avere titolo per chiedere la qualificazione del lavoro come “a titolo oneroso”, reclamandone tutti i benefici secondo i vari tipi legali di contratto.Con riferimento al caso di specie, il contratto di somministrazione, sebbene non comporti l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con l’utilizzatore della prestazione lavorativa determina, comunque, l’instaurazione di un rapporto patrimoniale tra l’organizzazione di volontariato ed il volontario. Ciò in quanto quest’ultimo riceve - per l’attività svolta all’interno dell’organizzazione - un compenso che, nella tipologia contrattuale in esame, viene erogato dall’agenzia di somministrazione e successivamente rimborsato dall’utilizzatore (in questo caso, l’organizzazione di volontariato).Pertanto, l’esistenza, anche indiretta, di un rapporto patrimoniale tra l’organizzazione e colui che svolge l’attività di volontariato potrebbe comportare il venire meno dello “status” di volontario e delle agevolazioni previste dalla legge in commento.
Conto corrente, che succede alla morte dell'intestatario?
di Francesco Machina Grifeo
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