DUE STRADE PER LA RINUNCIA DEL SOCIO AL CREDITO
Il credito che il socio/amministratore unico vanta nei confronti della società, per compensi mai erogati e per un finanziamento infruttifero effettuato in precedenza, può essere rinunciato, ma con differenti effetti da un punto di vista sia contabile che fiscale.Nel dettaglio:a) la rinuncia da parte del socio a un finanziamento infruttifero effettuato verso la società, che - a norma del principio contabile Oic n. 28 - deve formalizzarsi in un atto effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società stessa, trasforma il debito della società in una posta di patrimonio netto avente natura di riserva di capitale. La scrittura corretta può essere quella indicata dal lettore;b) la rinuncia dal parte del socio amministratore al suo compenso equivarrebbe alla rinuncia da parte di un socio al proprio credito da lavoro autonomo, effettuata con l’intento di patrimonializzare la società. Da un punto di vista contabile si ritiene corretta la scrittura proposta.Da un punto di vista fiscale la rinuncia presupporrebbe l’utilizzo, in quanto un credito da lavoro autonomo del socio verso la società, pur se materialmente non incassato, viene, mediante la rinuncia, conseguito e utilizzato. Per tale ragione lo stesso credito dovrà essere assoggettato a tassazione in capo al socio amministratore secondo quanto previsto dall’articolo 25 del Dpr 600/1973 (ritenuta d’acconto del 20 per cento). Tale principio, fondato anche sulla base di quanto previsto dal comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir, viene confermato dalla Cassazione con l'ordinanza 1335, depositata il 26 gennaio 2016, nella quale si legge: «...in caso di compensi di lavoro autonomo spettanti al socio, la rinuncia operata dal socio medesimo presuppone logicamente la maturazione ed il conseguimento del credito vantato, con ineludibile soggezione al regime fiscale conseguente, in capo al socio creditore...».Se, invece, l’amministratore fosse un soggetto estraneo alla compagine societaria, con la rinuncia la società iscriverebbe una sopravvenienza attiva tassata, e nessuna conseguenza fiscale risultebbe in capo all’amministratore.
Conto corrente, che succede alla morte dell'intestatario?
di Francesco Machina Grifeo
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