L'esperto rispondeResponsabilità

SÌ ALLE CHIAVI DIFFERENZIATE PER LE SINGOLE SCALE

La domanda

In un condominio, all'interno di un giardino, composto da una novantina di appartamenti, con nove scale di accesso, sono state da poco installate alle porte di entrata, delle serrature con apertura elettrica, con chiavi tutte uguali, e uguali ai cancelli di entrata al giardino. Con il pretesto di maggiore "comodità", molti condomini, pur abitando in scale con entrate e uscite autonome, transitano anche più volte al giorno da un'unica scala, sbattendo le porte o lasciandole spalancate, senza alcun rispetto per il riposo e la privacy degli abitanti, nonché per la sicurezza, dato che ci sono stati dei furti.Il regolamento contrattuale riporta tra le parti comuni anche le scale, come da articolo 1117 del Codice civile e prevede spese ordinarie e straordinarie a carico di tutti. Vorremmo sapere se, soprattutto per sicurezza, è possibile ottenere chiavi differenziate per ogni scala e se è valida anche nel nostro caso la sentenza della Cassazione civile n. 147 del 26 gennaio 1965 e se ve ne sono altre più recenti al riguardo.

Se abbiamo ben compreso il quesito, e salvo esame della fattispecie in concreto, la risposta è affermativa, nel senso che deve ritenersi legittimo – pur in presenza di un regolamento condominiale contrattuale che stabilisca che le scale costituiscono tutte delle parti comuni e che le spese ordinarie e straordinarie relative alle parti comuni sono a carico di tutti i condomini – chiedere ed ottenere, previa delibera assembleare, delle chiavi di ingresso differenziate per ogni singola scala del complesso. Si tenga presente che, per l’articolo 1123, comma 3, del Codice civile, «qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità». Sul tema, si veda, tra le tante, oltre alla risalente pronuncia ricordata dal lettore, Cassazione 27 settembre 1994, numero 7885, secondo cui, indipendentemente dal titolo, «i presupposti per l’attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l’esistenza e l’uso, ovvero sono destinati all’uso o al servizio, non di tutto l’edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall’articolo 1123, comma 3, che le cose, i servizi e gli impianti, non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti». Si legge nella pronuncia della Cassazione 7885/1994, «l’asserto che la proprietà comune appartenga necessariamente a tutti i partecipanti e non si frazioni, neppure in casi eccezionali, se non in virtù del titolo, non è più condiviso e, in effetti, non regge alla critica, fondata sulla ricognizione non aprioristica di dati positivi». E, ancora, dalla richiamata pronuncia del 1994, si ricava che «non è esatto che tutti i condomini siano titolari di tutte le parti comuni, qualunque sia la conformazione del fabbricato: in altre parole, qualunque sia il numero dei portoni d'ingresso, delle scale, dei tetti o dei lastrici solari; sussista o no la destinazione dell'ascensore a servire o no tutti i piani; esista o meno la possibilità per gli immobili, che si affacciano sulla strada (i magazzini ed i negozi), di utilizzare la scala,il portone».Nello stesso senso - in materia di cosiddetto condominio “parziale” - si vedano anche, tra le tante, le più recenti pronunce della Cassazione, 2 marzo 2016, numero 4127 e 23 luglio 2013, numero 17875.

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