Amministrativo

Diritto d’accesso: la sostanza prevale sulla forma quando sono in gioco “interessi civici”

di Pietro Alessio Palumbo

L'esclusivo riferimento dell'istanza ai presupposti dell'accesso documentale tradizionale non preclude alla Pubblica amministrazione nel suo "anelito ostensivo" di esaminare l'istanza sotto il profilo del più giovane accesso civico generalizzato, laddove l'istanza ne contenga gli elementi sostanziali utili sotto il profilo di un esame più propriamente "civico". E a tale conclusione non osta il fatto che l'istanza di accesso civico generalizzato non debba rappresentare l'esistenza di un interesse qualificato, a differenza di quella relativa all'accesso documentale, e che nemmeno debba essere motivata, perché l'interesse e i motivi rappresentati al fine di sostenere l'esistenza di un interesse uti singulus ai fini dell'accesso tradizionale, ben possono essere considerati dalla pubblica amministrazione per valutare l'esistenza dei presupposti atti a riconoscere l'accesso generalizzato uti civis, quantomeno per il limitato profilo del c.d. public interest test. A ben indagare, chiarisce il Consiglio di Stato Adunanza plenaria n. 10/2020, è semmai vero il contrario: nessuna lettura ampliativa va fatta qualora il privato stesso abbia espressamente inteso limitare il proprio interesse ostensivo solo all'uno o all'altro aspetto.

La vicenda - Una s.r.l. ricorreva al Tar avverso il diniego di accesso agli atti di un ente pubblico. Secondo l'ente la richiedente non avrebbe dimostrato la concreta esistenza di una posizione qualificata, idonea a giustificare l'istanza di accesso. In ogni caso l'istanza non poteva essere accolta nemmeno in base alla disciplina dell'accesso civico generalizzato, poiché tale normativa non trova applicazione nel settore dei contratti pubblici. Il Tar respingeva il ricorso e la ricorrente si appellava al Consiglio di Stato che, nel ravvisare un irrisolto contrasto giurisprudenziale, rimetteva alla propria Adunanza plenaria.

La decisione - Nulla nell'Ordinamento preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso. Se è vero che l'accesso documentale e quello civico generalizzato differiscono per finalità, requisiti e aspetti procedimentali, la pubblica amministrazione deve esaminare l'istanza nel suo complesso, nel suo "anelito ostensivo", evitando inutili formalismi e appesantimenti procedurali. A ben vedere in materia di accesso opera il principio del minor aggravio possibile nell'esercizio del diritto, con il divieto di vincolare l'accesso a rigide regole formali che ne ostacolino la soddisfazione. Tuttavia il bilanciamento degli interessi è ben diverso nel caso dell'accesso documentale, dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a dati pertinenti, e nel caso dell'accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità, ma più esteso, avendo presente che l'accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni.

Dal che la possibilità di proporre entrambe le istanze uno actu è fra gli aspetti più critici dell'attuale disciplina poiché, si badi, tenere ben distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco. Ma le due fattispecie di accesso ben possono concorrere, senza reciproca esclusione. Anzi possono completarsi. I dinieghi di accesso tradizionale ancorché motivati devono essere considerati attentamente ai fini del possibile accesso generalizzato.

In altre parole non può escludersi che un'istanza di accesso documentale, non accoglibile per l'assenza di un interesse attuale e concreto, possa essere invece accolta sub specie di accesso civico generalizzato. A fronte di una istanza che non fa riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell'accesso procedimentale o a quella dell'accesso civico generalizzato e non ha inteso ricondurre o limitare l'interesse ostensivo all'una o all'altra disciplina, ma si muove sull'incerto crinale tra l'uno e l'altro, la pubblica amministrazione ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere i presupposti dell'una e dell'altra forma di accesso, laddove essi siano stati comunque, e "sostanzialmente", rappresentati nell'istanza. Solo ove l'istante abbia inteso, chiaramente e nettamente, limitare l'interesse ostensivo a uno specifico profilo, quello documentale o quello civico, la pubblica amministrazione dovrà limitarsi a esaminare quella specifica prospettiva senza essere tenuta a pronunciarsi sui presupposti dell'altra.

Corollario è che eletta una via in sede procedimentale, alla parte è certamente preclusa la conversione dell'istanza da un modello all'altro, che non può essere né imposta alla pubblica amministrazione né ammessa in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale, ma resta ferma la doverosità, sussistendone i concreti requisiti, di vagliare in termini alternativi la pretesa ostensiva.

Consiglio di Stato - Adunanza plenaria – Sentenza 2 aprile 2020 n. 10

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