Amministrativo

Tar Lombardia, consegnabili a domicilio solo gli alimenti

di Elisa Puccetti, Paolo Tosi

Il Tar Lombardia con provvedimento d’urgenza del 20 aprile 2020 ha sospeso l’ordinanza regionale n. 528/2020 nella parte in cui consente la consegna a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio per tutte le categorie merceologiche, ritenendo tale norma ampliativa rispetto alla disciplina nazionale, la quale consente il commercio al dettaglio solo per la vendita di generi alimentari e di prima necessità come indicati nell’allegato 1 al Dpcm 10 aprile 2020.

Al di là dei proclami sindacali sulla rivendicata (e conseguita) sospensione dell’attività di e-commerce, proclami contestati dalle associazioni di categoria, deve rilevarsi che la vendita mediante piattaforme digitali sia tuttora consentita, come emerge dal complessivo quadro normativo.

La vendita a distanza con consegna a domicilio è consentita sia dal Dpcm 11 marzo 2020, sia dal Dpcm 10 aprile 2020, che nei rispettivi allegati 1 richiamano il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet, per televisione, per corrispondenza, radio e telefono. Peraltro, nell’ambito di misure di contenimento dettate per la Regione Emilia Romagna il ministero della Salute, con l’ordinanza ministeriale 3 aprile 2020, ha espressamente richiamato, autorizzandolo, l’e-commerce e ha autorizzato l’attività di logistica e magazzino relativamente alla merce commercializzata tramite piattaforme online.

La Regione Lombardia, che nell’ordinanza n. 521 del 4 aprile 2020 aveva limitato la «consegna a domicilio» alle sole categorie merceologiche previste nel Dpcm 11 marzo 2020, all. 1, si è subito ravveduta e con l’ordinanza n. 522 del 6 aprile 2020 si è uniformata alla normativa nazionale.

Uniformità ribadita, nella vigenza del Dpcm 10 aprile 2020, dall’ordinanza regionale oggetto di sospensiva con cui la Regione ha autorizzato per tutte le categorie merceologiche la consegna a domicilio e la vendita via internet, corrispondenza, telefono, televisione e radio.

L’ordinanza regionale non ha quindi ampliato, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, le attività consentite dalla disciplina nazionale. Invero, la conclusione cui è giunto il Tar pare dovuta al riferimento, nella citata ordinanza, alla disciplina normativa della vendita a domicilio (Dlgs n. 222/2016, Tabella A, Punto 1.12.5) per cui i giudici amministrativi potrebbero avere interpretato l’ordinanza regionale come autorizzatoria non della mera consegna a domicilio (conseguente a una vendita a distanza) ma della stessa vendita a domicilio che richiede la contestuale presenza, seppur nel domicilio anziché nel locale commerciale, di venditore ed acquirente.

Interpretazione in realtà superabile in virtù del medesimo tenore letterale della norma nel suo riferimento alla sola «consegna a domicilio» e nella prescrizione di evitare, al momento della consegna, «contatti personali a distanza inferiore a un metro».

In ogni caso, la sospensiva del Tar non preclude le attività di vendita a distanza, compreso l’e-commerce, consentite sia dal Dpcm 10 aprile 2020, sia dall’articolo 1, punto 1.2, lettera I dell’ordinanza regionale, norma su cui i giudici amministrativi non si sono nemmeno pronunciati.

L’azione dei sindacati pare promossa non tanto per tutelare la salute dei lavoratori operanti nel settore della logistica e dei trasporti quanto per finalità di politica sindacale, se non per un’ideologica contrapposizione alle attività commerciali correlate a piattaforme digitali.

Contrapposizione che, nell’emergenza epidemiologica in corso, si riflette però negativamente sulle attività commerciali “classiche” che, proprio con la vendita a distanza e l’ausilio delle piattaforme digitali, possono limitare i danni economici conseguenti alla chiusura dei negozi con ogni vantaggio per i relativi addetti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©