Amministrativo

Giudici di pace: il Tar rimette alla Corte Ue la tutela assistenziale e previdenziale e la proroga dell'incarico

«Deve essere rimessa alla Corte di Giustizia Ue la questione se gli artt. 20, 21, 31, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, le direttive n. 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato (clausole 2 e 4), n. 1997/81/CE sul lavoro a tempo parziale (clausola 4) n. 2003/88/CE sull'orario di lavoro (art. 7), n. 2000/78/CE (art. 1, 2 comma 2 lett. a) in tema di parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, ostino all'applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana di cui alla l. n. 374 del 1991 e s.m. e d.lgs. n. 92 del 2016 come costantemente interpretata dalla giurisprudenza, secondo cui i giudici di pace, quali giudici onorari, risultano oltre che non assimilati quanto a trattamento economico, assistenziale e previdenziale a quello dei giudici togati, completamente esclusi da ogni forma di tutela assistenziale e previdenziale garantita al lavoratore subordinato pubblico». Lo ha deciso il Tar Emilia Romagna con l'ordinanza 1 giugno 2020.
Inoltre i giudici amministrativi bolognesi hanno ritenuto che: «deve essere rimessa alla Corte di Giustizia Ue la questione se la clausola 5 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE, osti all'applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana, secondo cui l'incarico a tempo determinato dei giudici di pace quali giudici onorari, originariamente fissato in 8 anni (quattro più quattro) possa essere sistematicamente prorogato di ulteriori 4 anni senza la previsione, in alternativa alla trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, di alcuna sanzione effettiva e dissuasiva».

Il caso - La controversia parte dalla richiesta da parte di un giudice di pace che ha svolto l'incarico per lunghi anni e che ha goduto di varie conferme, di accertamento di un rapporto di lavoro pubblico a tempo pieno o part time con conseguente condanna del ministero al pagamento delle differenze retributive medio tempore maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali. Il Tar ha ricordato che secondo la normativa italiana come costantemente interpretata dalla giurisprudenza interna, il rapporto di servizio dei giudici di pace, qualificato dalla legge come onorario, non presenta gli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato e segnatamente del rapporto di pubblico impiego, essendo alle dipendenze del Ministero della Giustizia. Ne consegue il mancato riconoscimento di ogni forma di tutela di tipo previdenziale ed assistenziale, anche in riferimento alla tutela della salute, della maternità e della famiglia oltre che del diritto irrinunciabile per qualsiasi lavoratore alle ferie. E la Sezione ritiene dubbia la conformità al diritto dell'Unione di siffatta disciplina in base alla nozione di "lavoratore" di tipo senz'altro sostanziale invalsa nell'ambito del diritto dell'UE, svolgendo i giudici di pace funzioni giurisdizionali del tutto assimilabili a quelle dei giudici c.d. togati e/o comunque a quelle di un prestatore di lavoro alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione.

Tar Emilia Romagna – Ordinanza 1 giugno 2020 n. 363

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