Amministrativo

Gara per forniture della sanità: conta l’equivalenza

di Alessandro Galimberti

Il criterio dell’equivalenza funzionale negli appalti per forniture (nella specie, apparati medicali) deve essere valorizzato per garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici, e non al contrario per restringere le condizioni di partecipazione. Con una articolata sentenza il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana (634 del 20 luglio 2020) ha ribaltato la decisione del Tar Palermo e riaggiudicato la fornitura di sistemi di somministrazione di farmaci antiblastici (antitumorali).

Oggetto del contendere, una fornitura di siringhe per le quali erano - ovviamente - richiesti determinati standard di prestazione, anche e soprattutto in considerazione dell’ utilizzo. Si tratta di dispositivi «a sistema chiuso per il trasferimento, la miscelazione e la somministrazione di farmaci pericolosi (antiblastici) tale da prevenire meccanicamente il trasferimento di contaminanti ambientali nel sistema stesso e la fuoriuscita di farmaco o vapori». La gara aveva però premiato il dispositivo equivalente offerto dall’aggiudicataria - rappresentata dallo studio Stefanelli&Stefanelli - «non un sistema chiuso (...) ma composto da tre elementi, oltre la siringa, che vanno montati fra loro». In primo grado il Tar aveva quindi accolto per questi motivi (mancata identità del sistema a bando) il ricorso della seconda classificata dei tre concorrenti, innescando quindi l’impugnazione dell’aggiudicataria.

Il Cga siciliano ha dato un’interpretazione ampia - codicisticamente orientata - dell’equivalenza funzionale perchè «con particolare riferimento all’appalto per la fornitura di medicinali e dispositivi medici, (…) il principio di equivalenza che permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica risponde al principio del favor partecipationis ai fini della massima concorrenzialità e della conseguente individuazione della migliore offerta» secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione (Cons. St., III, 14 maggio 2020, n. 3081).

Pertanto il giudizio di equivalenza è senz’altro legittimo esercizio della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione e il sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso.

Il Cga in questo procedimento non solo ha concesso in sede di appello la verificazione non disposta in 1° grado ma poi, non soddisfatto delle risultanze del verificatore, lo ha sostituito con altro e infine, non pienamente convinto della completezza del 2° elaborato peritale, ne ha chiesto un ulteriore supplemento. Per addivenire alla conclusione che il dispositivo aggiudicatario, pur non rispondendo alla lettera a quello disegnato nel bando, garantiva le medesime funzionalità, prestazioni e garanzie di sicurezza. Del resto secondo la direttiva 2014/25/Ue - da cui deriva il Codice appalti -il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è figlio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza, vincolante per l’Amministrazione e per il giudice, e impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi allo standard prestazionale richiesto. (Cons. St. n. 2093 del 2020).

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