Civile

Immodificabilità della domanda di responsabilità aquiliana in responsabilità per cose in custodia

a cura della redazione PlusPlus24 Diritto

Procedimento civile – Responsabilità aquiliana - Responsabilità per cose in custodia – Domanda ex art. 2043 c.c. – Appello - Domanda ex art. 2051 c.c. – Ammissibilità - Condizioni
La domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado ex l'articolo 2043 c.c. non può essere modificata in appello con la riconduzione della vicenda al paradigma dell'articolo 2051 c.c. per la inconciliabile diversità dei presupposti, a meno che i fatti enunciati sin dall'atto introduttivo non consentano la sussunzione ex dall'articolo 2051 c.c. Ne consegue che in astratto si può invocare in grado di appello la violazione delle regole sull'obbligo di custodia, ma solo a condizione che i fatti fossero stati prospettati fin dal primo grado invocando quei principi.
• Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 13 gennaio 2020 n. 348

Procedimento civile - Domanda giudiziale – Responsabilità aquiliana - Ex art. 2043 c.c. - Successiva domanda per responsabilità per cose in custodia - Ex art. 2051 c.c. - Ammissibilità - Condizioni - Limiti.
La domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado invocando l'art. 2043 c.c. non può essere modificata in appello con la riconduzione della vicenda al paradigma dell'art. 2051 c.c. per la inconciliabile diversità dei presupposti, a meno che i fatti enunciati sin dall'atto introduttivo consentivano la sussunzione nella fattispecie disciplinata dall'art. 2051 c.c..
• Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30920

Procedimento civile – Responsabilità aquiliana - Responsabilità per cose in custodia – Domanda ex art. 2043 c.c. - Appello - Domanda ex art. 2051 c.c.
Mentre l'azione ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. comporta la necessità, per il danneggiato, di provare l'esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante, nel caso di azione fondata sull'articolo 2051 cod. civ. la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, potendo questi liberarsi soltanto attraverso la gravosa dimostrazione del fortuito. Ne consegue un'ovvia differenza in ordine ai temi di indagine ed al riparto dell'onere della prova, perché nel primo caso il danneggiato dovrà attivarsi a dimostrare qualcosa, mentre nel secondo sarà il danneggiante a doversi attivare. Da tanto si trae la dovuta conseguenza per cui, una volta proposta in primo grado una domanda ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. - fondata, ad esempio, sulle figure dell'insidia e del trabocchetto, ancorché impropriamente richiamate - non è consentito alla parte in grado di appello fondare la medesima domanda sulla violazione dell'obbligo di custodia, perché ciò verrebbe inevitabilmente a stravolgere il processo, mettendo il danneggiante nella situazione di doversi attivare quando una serie di preclusioni processuali si sono già maturate.
• Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 21 settembre 2015, n. 18463

Procedimento civile - Domanda giudiziale - Nuova domanda - Domanda ex art. 2043 cod. civ. - Successiva domanda ex artt. 2050 o 2051 cod. civ. - Ammissibilità - Condizioni - Limiti.
Quando l'attore abbia invocato in primo grado la responsabilità del convenuto ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., il divieto di introdurre domande nuove (la cui violazione è rilevabile d'ufficio da parte del giudice) non gli consente di chiedere successivamente la condanna del medesimo convenuto ai sensi degli artt. 2050 (esercizio di attività pericolose) o 2051 (responsabilità per cose in custodia) cod. civ., a meno che l'attore non abbia sin dall'atto introduttivo del giudizio enunciato in modo sufficientemente chiaro situazioni di fatto suscettibili di essere valutate come idonee, in quanto compiutamente precisate, ad integrare la fattispecie contemplata da detti articoli. Nondimeno, le diverse regole di imputazione della responsabilità previste da detti articoli, essendo più favorevoli per l'attore danneggiato poiché comportanti un'inversione dell'onere della prova, in tanto possono essere poste a fondamento della responsabilità del convenuto in quanto non si ascriva al medesimo la mancata prova di fatti che egli non sarebbe stato tenuto a provare in base al criterio di imputazione della responsabilità (art. 2043 cod. civ.) originariamente invocato dall'attore.
• Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5 agosto 2013, n. 18609

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