Civile

Rinegoziazione o surroga del mutuo se la prima casa è sotto pignoramento

di Adriano Pischetola

Tra le novità per i consumatori portate dalla legislazione della fine 2019 spicca quanto stabilito dall’articolo 41-bis del decreto legge 26 ottobre 2019 numero 124 (convertito in legge 19 dicembre 2019 numero 157), in vigore dal 25 dicembre 2019.

Il decreto fiscale prevede la possibilità per un debitore “consumatore”, che abbia subito una procedura esecutiva avente a oggetto la sua abitazione principale, di chiedere la rinegoziazione del mutuo in essere (con la stessa banca che ha avviato la procedura o è intervenuta in essa per il recupero del proprio credito da rimborso) ovvero un finanziamento, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a una banca terza, il cui ricavato deve essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere, con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa.

In ogni caso, la procedura comporta a vantaggio del debitore l’effetto della esdebitazione (e quindi della estinzione) del debito residuo.

Devono però ricorrere talune condizioni che la norma espressamente indica (e di cui si dice più ampiamente nell’articolo pubblicato in basso).

È previsto peraltro che la rinegoziazione o rifinanziamento possano essere concessi – anziché al debitore esecutato – ai suoi parenti o affini fino al terzo grado, a cui favore sarà poi pronunciato il decreto di trasferimento dell’immobile staggito, pur rimanendo titolare il debitore (e la sua famiglia) di un diritto legale di abitazione per il quinquennio successivo al trasferimento.

Inoltre è facoltà del debitore ottenere anche la retrocessione a suo favore del medesimo immobile trasferito ai parenti o affini entro il terzo grado, previo rimborso delle somme già versate da questi ultimi al soggetto finanziatore e, stante il consenso del finanziatore stesso, l’accollo del debito residuo con liberazione del parente o affine dall’obbligo di rimborso.

È sancito inoltre un regime fiscale di favore con applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro per il trasferimento giudiziale dell’immobile e per l’eventuale sua retrocessione al debitore, con obbligo a carico del debitore stesso di conservazione della residenza nell’immobile trasferito per almeno cinque anni.

Resta incondizionata la facoltà per il creditore procedente, anche dopo la presentazione al giudice delegato dell’istanza congiunta, insieme con il debitore, per la sospensione della procedura esecutiva, prestare adesione o meno alla domanda di rinegoziazione, così come della banca terza, ovviamente, di concedere o meno un nuovo finanziamento.

Manca però allo stato attuale ancora un tassello, di non irrilevante portata: l’emanazione di un decreto interministeriale (sulla carta da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione e cioè dal 25 dicembre 2019) per definire «ulteriori modalità di applicazione» della procedura ora illustrata.

La strada quindi è tracciata, ma ora va percorsa.

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