Civile

Corporate Governance, l’Italia segue le best practice Ue

di Fabio Bonomo *

Lo scorso 31 gennaio è stata pubblicata la nuova edizione del Codice italiano di Corporate governance, applicabile a partire dall’esercizio 2021 da parte delle società quotate che vi aderiscono.

Il relativo aggiornamento, avviato dal Comitato italiano per la Corporate governance fin dalla seconda metà del 2018, tiene conto della significativa evoluzione dei principali codici europei intervenuta tra il 2017 e il 2019 (in Belgio, Francia, Germania, Olanda e Regno Unito), caratterizzata da alcuni tratti comuni: la semplificazione e razionalizzazione della struttura, la crescente attenzione ai temi della sostenibilità, l’apertura a modelli societari tra loro alternativi, l’introduzione o il rafforzamento di alcune best practice.

Codice più snello
Sotto il profilo formale, il nuovo Codice italiano di Corporate governance presenta una struttura più snella e di più agevole lettura rispetto al passato. Gli articoli sono ridotti da dieci a sei, e constano di soli princìpi e raccomandazioni. Risultano quindi eliminati i commenti, e si prevede che l’applicazione dell’articolato venga in prospettiva agevolata da una raccolta di chiarimenti, sotto forma di “Q&A”, periodicamente aggiornata.

Per quanto riguarda la valorizzazione della sostenibilità, il Codice pone particolare enfasi sul concetto di «successo sostenibile», inteso come «obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società». L’organo di amministrazione dovrà elaborare strategie aziendali coerenti con il successo sostenibile, nonché definire politiche per la remunerazione e un sistema di controllo interno e di gestione dei rischi funzionali al relativo perseguimento.

Sotto il profilo dell’apertura ai diversi modelli societari (tradizionale, monistico, dualistico) in concreto adottabili da parte degli emittenti, il nuovo Codice ha effettuato un significativo sforzo, declinando le definizioni di organo di amministrazione e di organo di controllo nei diversi modelli e adeguando la formulazione delle varie raccomandazioni per renderle fruibili trasversalmente. Al contempo, le relative disposizioni, rivolgendosi a tutte le società con azioni quotate sul Mta di Borsa Italiana, sono ora potenzialmente fruibili anche da emittenti di diritto estero.

Flessibilità e proporzionalità
L’applicazione del nuovo Codice è inoltre improntata a principi di flessibilità e proporzionalità. Svariate raccomandazioni sono quindi graduate in funzione degli assetti proprietari e della dimensione degli emittenti, rivolgendosi alle sole “società a proprietà concentrata” (ossia quelle in cui uno o più soci legati da un sindacato di voto dispongono, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria) e/o alle sole “società grandi” (per tali intendendosi quelle la cui capitalizzazione è risultata superiore a un miliardo di euro l’ultimo giorno di mercato aperto di ciascuno dei precedenti tre anni).

Per quanto riguarda l’introduzione di best practice già diffuse in ambito internazionale, il nuovo Codice stimola anzitutto gli emittenti a rafforzare il dialogo con il mercato, attraverso l’adozione di «politiche di engagement» complementari a quelle elaborate dagli investitori istituzionali nel rispetto dei codici di stewardship ad essi applicabili; un’apposita disciplina è poi dedicata alla figura del segretario dell’organo di amministrazione, chiamato a fornire a quest’ultimo con imparzialità di giudizio assistenza e consulenza su ogni aspetto rilevante per il corretto funzionamento del sistema di governo societario.

Best practice più incisive
Sotto il profilo, invece, del rafforzamento di alcune best practice già previste dal Codice, si segnalano in particolare: la raccomandazione che nelle società grandi, diverse da quelle a proprietà concentrata, gli amministratori indipendenti costituiscano almeno la metà (e non più solo un terzo) dell’organo di amministrazione; la possibilità di riconoscere in capo al presidente dell’organo di amministrazione il requisito di indipendenza, accompagnata da una complessiva valorizzazione del relativo ruolo; il maggior rigore che caratterizza la procedura di valutazione dell’indipendenza degli amministratori; il rafforzamento dei compiti del comitato nomine; l’espressa raccomandazione che nelle società grandi venga definito un piano per la successione degli amministratori esecutivi, accompagnato da adeguate procedure per la successione del top management.

*Componente Comitato scientifico IGS e responsabile affari societari di Enel

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