Civile

Comuni, spesa sociale in crescita ma resta il gap tra Nord e Sud

di Gabriele Sepio

Spese per servizi sociali in crescita, ma resta il forte divario tra Nord e Sud. I dati Istat riferiti al 2017 e pubblicati martedì ci offrono diverse chiavi di lettura rispetto all’economia sociale italiana. Da un lato si registra positivamente una crescita degli investimenti degli enti locali per i servizi sociali. La spesa complessiva è di circa 7 miliardi di euro, più o meno lo 0,41% del Pil. Il che significa circa 116 euro per abitante. Il dato aumenta di 177 milioni rispetto al 2016, con investimenti importanti specialmente per gli anziani e i disabili (dove aumenta del 4,7%). Rispetto all’Europa, la spesa sociale italiana non vanta però posizioni di rilievo, nonostante la spesa per le pensioni sfiori il 16% del Pil.

I principali destinatari della spesa sociale dei Comuni per il 2017 sono famiglie e minori, e anziani e persone con disabilità. L’area famiglia assorbe il 38% delle risorse e vede le regioni del Centro Italia tra le più virtuose (Lazio e Umbria in testa), con investimenti in particolare per asili nido e altri servizi educativi per la prima infanzia. Va detto tuttavia che l’investimento pro capite in quest’ambito è in crescita anche per via del calo delle nascite. Il settore della disabilità è quello che fa segnare un salto più evidente. Dal 2003 la spesa annua è più che raddoppiata. Positivo è certamente il fatto che una buona parte della spesa per la disabilità è legata a progetti di autonomia e di inclusione sociale e inserimento lavorativo, segno che il sistema si avvia verso nuove forme di sostegno per favorire l’autonomia delle persone disabili. La spesa degli anziani invece avanza nelle regioni del Centro e del Nord Est con un livello pro capite di 95 euro annui.

Lo spaccato che emerge dai dati Istat disegna anche un’evoluzione rispetto ai metodi di intervento sociale da parte degli enti locali. Fa ingresso, infatti, per la prima volta nel rapporto Istat la spesa dei Comuni destinata ai centri antiviolenza. Circa 4,2 milioni, con una spesa media pari a 495 euro per utente. Per ciascuna donna ospite delle case rifugio la spesa è di 4.945 euro, per un totale di 4 milioni.

Nonostante i dati siano nel complesso positivi, tuttavia, il divario del Paese su questi temi cresce. Più della metà della spesa è concentrata al Nord; la spesa sociale pro capite nel Sud è di 58 euro contro i 172 del Nord Est. Nel settore della disabilità la differenza è ancora più marcata. Una persona disabile residente al Nord Est usufruisce di servizi e interventi per una spesa annua di circa 5.222 euro, mentre al Sud il valore dei servizi ricevuti è di circa 1.074 euro.

Ma c’è un aspetto su cui vale la pena riflettere per il futuro, e riguarda le fonti di finanziamento. La maggior parte dei finanziamenti proviene dalle risorse proprie dei comuni (63,1%). Seguono i fondi regionali che finanziano il 17,7% della spesa sociale dei Comuni. Solo il 15,2% della spesa impiegata per i servizi sociali risulta finanziata a livello centrale. Un dato su cui riflettere è la mancanza di coordinamento rispetto ai tanti fondi nazionali che non coinvolgono direttamente il ministero del Lavoro, gestiti da soggetti diversi (Invitalia, Cassa depositi e prestiti e così via) e privi di un effettivo coordinamento, in grado di intervenire concretamente a supporto degli enti locali, destinatari nella maggior parte dei casi, insieme al terzo settore, della crescente domanda sociale del Paese.

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