Civile

Onorari avvocati: sulle cause per l'opera prestata in più gradi decide l'ultimo giudice

di Patrizia Maciocchi

Nel caso di controversie tra avvocato e cliente, o di opposizione a decreto ingiuntivo che riguardi gli onorari, la competenza sul pagamento al legale per l'opera prestata in più gradi o fasi del giudizio è dell'ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa. Le Sezioni unite, con la sentenza 4247, dirimono il contrasto sul punto, negando che sia necessario, come affermato da alcune pronunce, fare più domande autonome senza poterne proporre una cumulativa in un unico giudizio davanti al giudice che ha emesso l'ultima decisione nell'ambito del processo. Il Supremo collegio ricorda che le controversie in questione sono regolate dal rito sommario di cognizione, dopo l'entrata in vigore del Dlgs 150/2011, se non diversamente disposto e gran parte della giurisprudenza di legittimità considerare attratte dal rito sommario speciale tutte le “liti” che riguardano i compensi dei difensori, anche quando riguardano la stessa sussistenza della pretesa e non solo la quantificazione. I giudici della sezione remittente chiedevano se, esclusa l'opportunità di proporre la domanda in via ordinaria, resti impregiudicata la possibilità di chiedere i compensi per le attività svolte in più gradi in un unico processo davanti al giudice che abbia affrontato per ultimo la controversia, o se i criteri vadano ricercati solo sulla base del coordinamento tra il Dlgs 150/2011 (articolo 14, comma 2) e l'articolo 637 del Codice di rito civile relativo al giudice competente. Lasciando così al legale ricorrente la sola alternativa di proporre più domande “singole” per i compensi relativi a ciascun grado di causa, davanti ai singoli giudici aditi per il processo o di cumularle davanti al tribunale competente in base al Codice di rito, con salvezza del cosiddetto foro del consumatore, restando in ogni caso esclusa la competenza del giudice che abbia conosciuto per ultimo il processo. Per le Sezioni unite va scelta la prima via. Una decisione che tiene conto anche delle esigenze di snellezza e della tendenziale celerità del procedimento che, insieme alla tutela delle garanzie della difesa, condizionano anche l'individuazione del giudice competente. Lo stesso vale per le molteplici particolarità dell'istituto, la cui “fisionomia non è stata modificata dal Dlgs 150/2011 né poteva esserlo, visto che la finalità del decreto era solo quella della riduzione e semplificazione dei riti civili” . In linea con le stesse esigenze va letto l'articolo 14 comma 2, che fa riferimento all'ufficio giudiziario di merito, escludendo la possibilità di utilizzare il procedimento speciale davanti alla Corte di cassazione, dal momento che questo può richiedere un'attività istruttoria. E questo vale anche quando il patrocinio è stato svolto davanti alla stessa Suprema corte. La decisione è in armonia anche con gli insegnamenti della Consulta secondo la quale per l'applicazione dei principi del giusto processo per assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa è necessario evitare i frazionamenti di tutela processuale per la stessa vicenda. Si deve dare una risposta, possibilmente celere, con una decisione di merito esauriente.

Corte di cassazione – Sezioni unite – Sentenza 19 febbraio 2020 n.4247

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