Civile

Incostituzionale la norma nata per frenare Uber

di Maurizio Caprino

È incostituzionale la parte più controversa della miniriforma di poco più di un anno fa sulla difficile convivenza fra taxi e Ncc (noleggio con conducente, in cui s’inquadra anche Uber). La Consulta, con la sentenza 56/2020 del 26 marzo, ha bocciato l’articolo 10-bis del Dl 135/2018, nella parte i cui impone agli Ncc di rientrare in rimessa dopo ogni corsa. Una decisione che incide su una norma già di fatto bloccata a febbraio dal ministero delle Infrastrutture (Mit) e che potrebbe portare a riaprire un tavolo di trattativa sulla delicata questione. La Corte costituzionale ha accolto parzialmente il ricorso della Regione Calabria, basato su cinque motivi. In sintesi, si ipotizzavano violazioni soprattutto in materia di riparto di competenze tra Stato e Regioni (perché l’articolo 10-bis non sarebbe a tutela della concorrenza) e dei princìpi comunitari di libertà di stabilimento, libera prestazione e concorrenza stabiliti dal Trattato di funzionamento Ue (soprattutto perché l’obbligo di rientro in rimessa imporrebbe un onere eccessivo).

La Consulta ribadisce che l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva sulla tutela della concorrenza, ma richiama l’indirizzo secondo cui l’esercizio di questa tutela non può «essere così pervasivo da assorbire, aprioristicamente, le materie di competenza regionale» (sentenza 98/2017). E va valutato il legittimo esercizio del potere, per proporzionalità e adeguatezza.

Proprio qui c’è l’incostituzionalità di una degli aspetti su cui la Regione ha sollevato la questione: l’obbligo di rientro in rimessa, bollato dalla Corte come «aggravio organizzativo e gestionale irragionevole», imponendo viaggi a vuoto quando per evitare che il servizio Ncc (rivolto a un’utenza specifica) invada il campo dei taxi (per un pubblico indifferenziato) bastano gli altri obblighi del Dl 135/2018: quello di prenotazione presso sede o rimessa dell’operatore e quello di stazionamento in rimessa invece che su strada. Quindi la Consulta dà per acquisito che lo sviluppo della tecnologia (app che danno la possibilità di prenotare in tempo reale anche in base alla posizione effettiva del veicolo in un dato momento) non snatura le caratteristiche del servizio, come invece lamentato più volte dai tassisti (non di rado anche loro organizzati con app).

Naturalmente le reazioni di Uber e dell’associazione di categoria Air sono state favorevoli, con richiesta di rivedere l’intera norma, già rimasta inattuata nella parte in cui avrebbe dovuto riaprire la concorrenza. Infatti, è stato bloccato il Ren, registro elettronico nazionale che avrebbe consentito ai Comuni i quali davvero lo avessero voluto di rilasciare nuovi permessi per far entrare sul mercato altri autisti. Il 19 febbraio il Mit ha annunciato l’emanazione del Dm che disciplina il Ren e lo avrebbe fatto partire dal 3 marzo. Ma già il 20 febbraio ha comunicato che «gli effetti del decreto sul registro sono sospesi». Motivazione ufficiale era la mancanza delle specifiche tecniche del foglio di servizio elettronico, da fissare di concerto con il ministero dell’Interno. Ma era già chiaro che il Mit volesse attendere la sentenza della Consulta e valutare gli sviluppi di un conflitto che va avanti da oltre un decennio.

Corte costituzionale - Sentenza 56/2020

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©