Civile

Sì agli spostamenti dei «separandi» per vedere i figli

di Marisa Marraffino

Lo stop agli spostamenti fuori dal proprio Comune, se non nei casi di «comprovate esigenze di lavoro», «assoluta urgenza» o «motivi di salute», deciso dal Dpcm del 22 marzo scorso, mette in difficoltà le coppie che prima dell’emergenza sanitaria stavano negoziando gli accordi di separazione che, quindi, non sono ancora stati depositati in tribunale. Si potrebbe trattare, infatti, di partner che già vivono separati e che possono avere necessità di spostarsi per vedere i figli ma a cui, formalmente, manca un titolo per farlo.

Spostamenti a rischio
Sono tre le situazioni in cui potrebbero sorgere difficoltà in caso di controlli:

1) le coppie che non hanno depositato né firmato l’accordo;

2) quelle che lo hanno firmato ma non ancora depositato;

3) quelle che lo hanno depositato ma sono in attesa dell’udienza presidenziale.

In tutti questi casi le coppie che vivono già separate potrebbero non essere in grado di giustificare gli spostamenti, non potendo allegare all’autocertificazione un provvedimento giudiziario idoneo.

Nessun provvedimento emanato dal Governo per contrastare il contagio da coronavirus impedisce il diritto di visita dei genitori non collocatari, ma il Dpcm del 22 marzo scorso riduce gli spostamenti da un Comune all’altro ai soli casi di assoluta urgenza e agli operatori potrebbe risultare difficile, se non impossibile, verificare che il genitore stia effettivamente esercitando proprio in quel giorno il diritto di visita.

L’accordo tra coniugi
La soluzione che appare preferibile, per bilanciare i due diritti contrapposti, ovvero quello alla salute e quello di stare con i propri figli, è di dare ai coniugi la possibilità di scambiarsi un accordo in cui si autorizzano reciprocamente a vivere separati e si indicano le modalità provvisorie di visita per i figli per l’intera durata dell’emergenza sanitaria. I coniugi possono scambiarseli all’inizio via mail e in originale alla prima visita.

Altamente consigliato allegare anche l’eventuale contratto di locazione, che giustifichi lo spostamento del coniuge verso la residenza dell’altro.

Si tratta di una autoregolamentazione di buon senso, conforme anche alle diposizioni che disciplinano il diritto di visita dei genitori.

D’altra parte, dopo il Dpcm dell’8 marzo 2020, che aveva limitato gli spostamenti in Lombardia e in 14 province, i giudici avevano precisato che le nuove norme d’urgenza non fossero «preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio», legittimando anche gli spostamenti da una regione all’altra. Per il tribunale, infatti, le eventuali ordinanze restrittive «non possono giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti» (Tribunale di Milano, decreto del 10 marzo 2020).

Lo stesso metro dovrebbe essere applicato anche per i decreti più restrittivi che negli ultimi giorni hanno limitato ulteriormente gli spostamenti.

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