Civile

Per il nuovo Codice della crisi in vista il rinvio di un anno

di Giovanni Negri

Proroga di un anno per il Codice della crisi. Probabilmente già con un emendamento da inserire in sede di conversione al decreto legge cura Italia. È questa l’ipotesi più accreditata sulla quale si sta riflettendo al ministero della Giustizia.

Una decisione che punta a preservare l’unità di sistema di tutto il denso pacchetto di modifiche alla Legge fallimentare, senza comprometterne l’assetto con uno “spezzatino” per l’entrata in vigore solo di alcune misure. Questo naturalmente sul piano formale; su quello più sostanziale, al ministero della Giustizia c’è consapevolezza della pressione che si scaricherà sul mondo produttivo nelle prossime settimane a emergenza finita o comunque attenuata. Dove da una parte, lo sforzo massimo sarà per la tenuta dei livelli produttivi e occupazionali senza dovere mettere le imprese di fronte a un sistema nuovo di regole a alto tasso d’impatto; dall’altra le conseguenze di queste settimane di blocco totole si scaricheranno sul conto economico delle aziende mettendo in pericolo la sopravvivenza di molte.

In quest’ultima chiave è allora evidente che l’altro tema sul tappeto è quello delle misure d’allerta e delle segnalazioni che le devono alimentare. La data di entrata in vigore è già oggi diversa, con la gran parte delle novità del Codice in agenda per il prossimo 15 agosto e tutto il pacchetto legato all’allerta scarrellato al 15 febbraio del prossimo anno.

Ora, se lo slittamento fosse di un anno per il Codice è chiaro che si porrebbe anche il tema delle misure di allerta. Un allineamento delle seconde al primo, con entrata in vigore di tutte le misure ad agosto 2021, sarebbe visto con forti perplessità dal mondo imprenditoriale, perché l’innesco delle procedura di allerta davanti agli Ocri (un anno di tempo servirà tra l’altro anche per metterli a punto in maniera più puntuale), vuoi attraverso i creditori pubblici (Inps e Fisco) vuoi attraverso l’intervento degli organi di controllo interno, avrebbe come punti di riferimento bilanci terremotati dall’epidemia con il rischio molto concreto di un boom di segnalazioni, molto oltre anche le attuali aspettative che già segnalavano numeri comunque importanti.

La strada più corretta potrebbe allora essere quella di un rinvio dell’allerta al 2022, con riferimento ai conti del prossimo anno, quando la ripresa potrebbe essere meno effimera e più solida. Il rinvio, d’altra parte, coinvolgerà anche novità che sarebbero state di qualche utilità e senso in questo frangente, come il concordato in continuità con salvaguardia dei posti di lavoro oppure la disciplina dei gruppi d’imprese, passando per la profonda riscrittura delle regole sul sovraindebitamento.

E tuttavia la riflessione è aperta anche su misure emergenziali e incisive da subito, come un blocco temporaneo delle procedure esecutive (quell’ombrello, per esempio, che il Codice della crisi lega per esempio all’allerta e che l’attuale Legge fallimentare collega ai concordati in bianco), legato magari a un passaggio davanti all’autorità giudiziaria. Con i dubbi legati però alla contestuale messa a punto di un sistema di garanzie che possa evitare di scaricare le difficoltà di un’impresa sull’intera catena dei suoi fornitori, bloccando le azioni a tuela dei crediti.

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