Civile

Stranieri minori, no regole standard per i gravi motivi che autorizzano l’ingresso del familiare

di Mario Finocchiaro


Le situazioni che possono integrare i gravi motivi (connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto della età e della condizioni di salute del minore che si trova nel territorio nazionale) che autorizzano il tribunale per i minorenne ad autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, di cui all'articolo 31, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998, non si prestano a essere catalogate o standardizzate. Quindi secondo la Cassazione, ordinanza 6 marzo 2020 n. 6472, incombe su chi richiede l'autorizzazione l'onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall'allontanamento del genitore, non essendo sufficiente la mera indicazione del pericolo di disgregazione familiare, della necessità di entrambe le figure genitoriali, o la allegazione di un disagio in caso di rimpatrio insieme ai genitori o a causa dall'allontanamento di un genitore. Spetta, infine, al giudice del merito, valutare le circostanze del caso concreto, con particolare attenzione.

E il giudice, investito della richiesta di autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare di un minore che si trovi in Italia, per un periodo di tempo determinato, è chiamato, in primo luogo, ad accertare la sussistenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore stesso. Esaurito positivamente tale accertamento, a fronte del compimento da parte del familiare istante di attività incompatibili con la permanenza in Italia, il giudice potrà negare la autorizzazione solo all'esito di un esame complessivo, svolto in concreto e non in astratto, della sua condotta, cui segua un attento giudizio di bilanciamento tra l'interesse statuale alla tutela dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale e il preminente interesse del minore.

Cassazione – Sezione I civile – Ordinanza 6 marzo 2020 n. 6472

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