Civile

La pandemia non ha introdotto una moratoria dei debiti generale

di Antonino Porracciolo

L’emergenza legata al Covid-19 non esclude, di per sé, la legittimità dell’escussione sia del debitore in condizioni di difficoltà economiche sia del suo garante che abbia prestato fideiussione «a prima richiesta». Infatti, la decretazione d’urgenza per la prevenzione della diffusione del virus può giustificare l’inadempimento del debitore solo se le restrizioni imposte dall'autorità abbiano reso oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione. È quanto emerge da un’ordinanza del Tribunale di Bologna (giudice Marco Gattuso) dello scorso 11 maggio.

La questione
Il caso parte dalla richiesta, avanzata dalle società ricorrenti (difese dallo studio legale Carlo Berti) al giudice, di bloccare, con provvedimento d’urgenza pronunciato in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, il pagamento che i loro creditori avevano chiesto alla banca garante con fideiussione «a prima richiesta»; quella fideiussione, cioè, in cui il garante, in deroga all’articolo 1945 del Codice civile, si obbliga a rinunciare a opporre al creditore, prima del pagamento, le eccezioni che spettano al debitore principale.

A fondamento della domanda, le debitrici avevano esposto, innanzitutto, la propria temporanea condizione di difficoltà economica dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19; avevano quindi sostenuto che i doveri di correttezza, buona fede e solidarietà sociale imponevano di ritenere abusiva l’escussione di garanzia richiesta dagli stessi creditori.

La sentenza
Nel respingere l’istanza, il tribunale ricorda che nei rapporti autonomi di garanzia il giudice può inibire il pagamento domandato al garante solo se risulti evidente il carattere abusivo della richiesta, mentre non può tener conto di circostanze di fatto che potrebbero esser dedotte dal debitore garantito; e ciò perché l’elemento fondante delle garanzie autonome è - come chiarito dalla Cassazione con la pronuncia 30509/2019, richiamata nell’ordinanza - «la inopponibilità da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto principale».

Il giudice esclude quindi che la condotta dei convenuti sia abusiva, giacché tale carattere ricorre solo quando il creditore chieda l’escussione della garanzia autonoma «in una condizione di radicale carenza» del proprio diritto. Né, secondo il tribunale, una diversa conclusione si può fondare sull’articolo 3, comma 6-bis, del Dl 6/2020 (convertito nella legge 13/2020), per il quale il rispetto delle misure di contenimento dirette a evitare il diffondersi del Covid-19 «è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del Codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».

La pandemia non c’entra
Infatti - prosegue l’ordinanza -, la norma fa riferimento «non a una generica impossibilità di adempimento in conseguenza della pandemia, ma alla sopravvenuta impossibilità del debitore di adempiere a causa delle restrizioni su di lui gravanti in quanto impostegli dall’autorità». Il che nel caso in esame non ricorre, giacché la normativa emergenziale non ha determinato la sospensione dell’attività commerciale delle ricorrenti (rientrando la stessa tra quelle essenziali indicate nel Dpcm 22 marzo 2020).

Peraltro, anche a voler ritenere che la disposizione riguardi pure gli «effetti indiretti della pandemia», è comunque discutibile che la stessa «possa applicarsi in ipotesi di adempimento di obbligazioni pecuniarie», giacché l’articolo 1218 del Codice civile «presuppone una oggettiva impossibilità della prestazione e non già una mera impossibilità soggettiva di adempiere per mancanza di liquidità».

In ogni caso, anche ipotizzando che il comma 6-bis abbia incluso tra le cause di impossibilità di adempiere pure «un’improvvisa e imprevedibile carenza assoluta di liquidità» in conseguenza degli effetti delle misure di contenimento, comunque le società ricorrenti non avevano dimostrato l’esistenza di un impedimento assoluto all’adempimento della prestazione, avendo dedotto solo una condizione di grave difficoltà di esecuzione della stessa.

In definitiva, conclude il tribunale, si deve escludere che il legislatore abbia voluto attribuire ai debitori «una moratoria generalizzata a discapito degli interessi creditori». Piuttosto, il comma 6-bis impone al giudice di verificare in quale misura i soggetti interessati «siano colpiti dalle misure di contenimento, con una prudente valutazione dell’effettiva esigibilità della prestazione».

Tribunale di Bologna, ordinanza dell'11 maggio 2020

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