Civile

Coppie divise, corsa degli ex per modificare gli assegni

di Valentina Maglione e Giorgio Vaccaro

La crisi innescata dalle misure di contenimento del Covid-19 sta facendo vacillare gli accordi economici su cui si basa l’equilibrio (spesso già precario) delle famiglie divise. Dai commercianti ai ristoratori, dai professionisti ai dipendenti rimasti a casa in attesa della cassa integrazione, sono infatti tanti i lavoratori che nelle scorse settimane hanno visto ridursi i loro redditi. E che ora non sono in grado di pagare gli assegni a favore dell’ex o dei figli non autosufficienti stabiliti al momento della separazione, del divorzio o della fine della relazione di fatto. Tanto che molti stanno contattando gli avvocati di famiglia per capire come rivedere gli importi.

La questione non è da poco: è reato non pagare l’assegno mensile stabilito da un provvedimento del giudice o da un accordo di negoziazione assistita raggiunto tra gli ex con l’aiuto degli avvocati. Si tratta del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (articolo 570 del Codice penale), punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Chi non riesce a far fronte agli obblighi presi non può quindi solo non pagare, ma deve modificarli.

Le prime mosse

In primo luogo, è opportuno chiedere per iscritto una moratoria dell’assegno, versando in ogni caso il massimo possibile. La ricerca di un accordo tra le parti è un rimedio accettabile, sino a quando, almeno, non si sia verificato l’ammontare in percentuale della riduzione del reddito. Ma trovare un accordo può non essere facile: se, da un lato, per chi dovrebbe pagarlo, l’assegno diventa insostenibile, dall’altro la sua riduzione mette in difficoltà il beneficiario. Inoltre, senza un provvedimento di modifica, quanto disposto al momento della rottura continua a essere efficace e obbligatorio per l’onerato: l’accordo sulla riduzione o sulla sospensione del pagamento vale solo come elemento di pacificazione momentanea.

Le istanze di modifica delle condizioni di separazione e divorzio e sulla misura del mantenimento dei figli non autosufficienti presuppongono che si sia modificata la posizione economica dell’ex tenuto a pagare l’assegno. Possono essere attivate solo se i redditi si sono ridotti in modo stabile, tanto da impedire all’ex di pagare i contributi stabiliti in passato. Non basta una contrazione temporanea, ma deve essere effettiva e stabile.

In tribunale

Se la situazione è questa, occorre contattare il proprio avvocato. Per le coppie separate o divorziate, la modifica delle condizioni economiche può essere concordata con un accordo di negoziazione assistita. Altrimenti, il legale deve depositare presso il tribunale del luogo di residenza del beneficiario dell’assegno l’istanza di modifica delle condizioni economiche. Al ricorso vanno allegati lo stato di famiglia, il certificato di residenza dei coniugi e la copia autentica del provvedimento del giudice che regola gli oneri di cui si chiede la modifica. È previsto un contributo unificato di 98 euro.

Dopo aver depositato il ricorso, bisogna attendere che sia fissata l’udienza di discussione che verrà trattata in camera di consiglio e che, prima della pandemia, veniva di norma fissata dopo qualche mese. Oggi, con i tribunali in difficoltà nella trattazione delle udienze, i tempi potrebbero dilatarsi.

Per questo, è importante predisporre con un consulente (commercialista o altro esperto) una relazione che illustri le cause e l’evoluzione della crisi reddituale, per consentire al tribunale di valutare la fondatezza della domanda di modifica delle condizioni. Altrimenti, rischia di essere respinta.

I passi da fare

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