Civile

Tra i coniugi in comunione può essere costituita una società di persone

di Mario Piselli

Tra i coniugi in comunione dei beni può essere costituita una società di persone, al cui patrimonio appartengono i beni conferiti in società, essendo anche le società personali dotate di soggettività giuridica. Lo ha stabilito la Cassazione con l'ordinanza n. 8222 del 27 aprile scorso.

Il recesso di un socio comporta l'obbligo della liquidazione, a carico della società, della quota di questi, il cui valore va determinato ai sensi dell'articolo 2289 del Cc, tenuto conto del valore patrimoniale della quota al momento dello scioglimento del rapporto sociale. La domanda di accertamento della comproprietà dei beni sociali in capo al socio receduto può essere interpretata dal giudice del merito, ove ne sussistano i presupposti, come domanda di liquidazione della quota sociale. Nel giudizio volto alla liquidazione di quota sociale in favore del socio uscente è legittimata passiva la società, ma l'unico socio superstite può essere convenuto in giudizio sia in nome di questa, sia in proprio, al fine di farne valere la responsabilità per le obbligazioni sociali quale socio illimitatamente responsabile.

Nella decisione inoltre si è precisato che i regimi dello svolgimento di attività d'impresa, nell'ambito della famiglia, possono assumere qualificazioni giuridiche diverse, da cui deriva una differente disciplina regolatrice dei rispettivi rapporti: l'azienda coniugale,
l'azienda appartenente a un solo coniugi con mera comunione degli utili e degli incrementi, l'impresa gestita individualmente da uno dei coniugi, l'impresa familiare, la società di persone, le società di capitali, sino al cosiddetto patto di famiglia. Prima ancora, sono diversi i presupposti integrativi di ciascuna fattispecie: onde non compete al giudice di sostituire i fatti, allegati da una parte come costitutivi di una disposizione normativa, con i fatti che meglio si adattino a rappresentare gli elementi integrativi di una fattispecie diversa, che egli intenda applicare. Invero, l'azienda coniugale ricade nella comunione legale fra i coniugi, che vi assumono posizione paritaria, in quanto l'azienda è acquisita in costanza di matrimonio e viene gestita da entrambi che divengono dunque coimprenditori; la mera comproprietà dell'azienda non è, pertanto, idonea a far presumere, di per sé, la necessaria cogestione di entrambi i coniugi e l'esistenza di un'azienda coniugale; la cogestione, o gestione da parte di entrambi i coniugi deve essere effettiva e reale, pur senza particolari accordi o formalità; l'esistenza della cogestione quale elemento essenziale della fattispecie differenzia tale istituto dalla mera collaborazione che si attua nell'impresa familiare, ove vi è una semplice partecipazione del coniuge all'attività aziendale, interamente imputata al titolare dell'impresa.

Cassazione – Sezione I civile - Ordinanza 27 aprile 2020 n. 8222

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©