Civile

Cessione del credito in garanzia, per la banca azione a vasto raggio

di Patrizia Maciocchi

In caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ma solo a scopo di garanzia, di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario può agire sia nei confronti del debitore ceduto che dell'originario debitore cedente, e non è tenuto a provare di aver inutilmente “citato” il primo. La Corte di cassazione, con la sentenza 10092, accoglie il ricorso del Monte dei Paschi di Siena, contro la decisione del giudice delegato di ammettere solo parzialmente il credito insinuato, relativo ad un contratto di anticipazione su fatture contro cessione di credito pro solvendo. Un'ammissione parziale dovuta al fatto che l'istituto di credito non aveva dimostrato di avere senza successo escusso i debitori ceduti. Per la Suprema corte è una conclusione non corretta. I giudici di legittimità, precisa, infatti, che la cessione del credito, in virtù della sua natura variabile, può aver anche una funzione esclusiva di garanzia. E in tal caso ha lo stesso effetto della cessione ordinaria e dunque “immediatamente traslativo del diritto al cessionario, nel senso che il credito ceduto entra ne patrimonio del cessionario e diventa un credito proprio di quest'ultimo”. La conseguenza è che, nel caso di cessione per pura garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad azionare sia il credito originario sia quello che gli è stato ceduto in garanzia. Invece nel caso in cui ci sia l'estinzione totale o parziale dell'obbligazione garantita, il credito ceduto in garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce in automatico nella sfera giuridica del cedente, con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva. E non occorre quindi, da parte del cessionario, un'attività negoziale diretta a tale scopo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©