Civile

Un’area edificabile anche potenziale genera plusvalenza

di Angelo Busani

La plusvalenza che il soggetto privato realizza con la cessione a titolo oneroso di un’area edificabile matura anche quando l’edificabilità è solo potenziale (cosiddetta edificabilità “di fatto”) e cioè non risultante dalla pianificazione urbanistica comunale, ma derivante da circostanze fattuali, quali la sua collocazione o la presenza di opere di urbanizzazione.

Lo decide la Cassazione con l’ordinanza 9842 del 26 maggio 2020, la quale non fa notizia per la sua novità (in quanto analogo principio era stato affermato dalla Cassazione nella decisione 5166/2013) quanto per il fatto che viene reiterata un’idea formatasi in un’epoca in cui il concetto di “edificabilità” non era definito dalla legge e si prestava, dunque, a essere articolato in due “sottoinsiemi”, vale a dire (usando le parole della Cassazione):

l’edificabilità “di diritto”, vale a dire quella come tale «qualificata in un piano urbanistico»;

l’edificabilità “di fatto”, vale a dire la condizione in cui si trova il «terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica».

Quest’ultima situazione, secondo la Cassazione, «si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l'esistenza di qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica».

Non occorre alcun particolare sforzo per convincersi che l’individuazione di una situazione di edificabilità “di fatto” può essere fonte di una enorme incertezza, con conseguente possibilità di incorrere in errori quando si tratta di applicare:
la legislazione in tema di Iva, in quanto la cessione dell’area edificabile è Iva-imponibile mentre la cessione dell'area non edificabile è “fuori-campo” Iva;
la legislazione in tema di plusvalenza Irpef, che si genera in caso di cessione di un’area edificabile ma non in caso di cessione di un’area non edificabile;
la legislazione in tema di imposta di successione e donazione e di imposta di registro, che non ammette la valutazione catastale per la trasmissione e per la divisione di un’area edificabile.

Proprio per rimediare a questa situazione di incertezza (che culminò nella sentenza delle Sezioni unite 25506/2006), il legislatore “in persona” intervenne a sancire che un’area «è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune» (articolo 36, comma 2, Dl 223/06).

Da notare che detta norma è dalla legge stessa espressamente riferita, oltre che a Ici (e, ora, all’Imu), Iva e imposta di registro, pure alle imposte sui redditi.

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