Civile

Sinistro stradale, indicati i limiti di risarcimento in caso di più responsabili non assicurati

di Mario Piselli

Nel caso di sinistro stradale ascrivibile a responsabilità concorrente di più conducenti, tutti privi di copertura assicurativa, l'obbligazione indennitaria gravante sull'impresa designata nei confronti del danneggiato ai sensi dell'articolo 283, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni, sarà contenuta entro un limite pari al prodotto del singolo massimale minimo di legge applicabile ratione temporis, moltiplicato per il numero dei corresponsabili. Al principio dettato dalla Cassazione con ordinanza 17893/2020 si deroga quando il danneggiato abbia convenuto in giudizio uno solo dei corresponsabili; oppure abbia invocato la responsabilità dell'impresa designata quale garante d'uno solo dei corresponsabili; o ancora quando nel corso del giudizio di merito la solidarietà tra i corresponsabili si sia sciolta per qualsiasi causa.

Con la decisione in esame la Corte di cassazione ha ricordato anche che, in passato, aveva manifestato opinioni discordi circa la possibilità per il difensore, non munito di procura ad hoc, di rinunciare validamente ad uno solo dei motivi di ricorso per cassazione già proposti. Secondo un primo e più risalente orientamento, tale rinuncia non sarebbe possibile, in quanto il difensore non ha la disponibilità dei singoli motivi di ricorso, e più in generale del diritto sostanziale della parte e che comunque, diversamente argomentando, si consentirebbe al difensore (privo di specifico mandato) di "svuotare" sostanzialmente l'impugnazione, così aggirando anche la disciplina di cui all'articolo 390 del codice di procedura civile (che prevede non solo la necessità del consenso della parte alla rinuncia, ma anche l'acquiescenza della controparte).

Di avviso esattamente contrario è stato invece altro orientamento, il quale ritiene che la rinuncia a uno o più motivi di impugnazione (purché, ovviamente, quest'ultima resti sorretta da uno o più motivi non rinunciati) può essere effettuata, anche nel corso della discussione orale, dal difensore munito di semplice procura ad litem, poiché tale scelta attiene a una valutazione tecnica circa le più opportune modalità di svolgimento dell'impugnazione, riservata in quanto tale al difensore e non implicante un atto di disposizione del diritto in contesa.

Ora i supremi giudici hanno ritenuto che la questione non possa essere risolta con un giudizio a priori. Non è possibile, infatti, sostenere che la rinuncia a un solo motivo di ricorso non comporti mai, per definizione, la disposizione dei diritti sostanziali della parte; né è possibile, all'opposto, sostenere che attraverso quella rinuncia il difensore disponga sempre e comunque dei diritti della parte. Lo stabilire, infatti, se la rinuncia anche a un solo motivo di ricorso comporti una disposizione dei diritti sostanziali della parte è un giudizio che può essere compiuto solo a posteriori, avuto riguardo alle specificità del caso concreto. Così, ad esempio, se un ricorso per cassazione contenesse due motivi, l'uno volto a contestare il merito della decisione, l'altro la regolazione delle spese, la rinuncia soltanto al primo di tali motivi determinerebbe il passaggio in giudicato della sentenza impugnata sulla questione di fondo, e costituirebbe una sostanziale disposizione del diritto posto a fondamento dell'impugnazione. All'opposto, se un ricorso per cassazione contenesse due motivi, tutti e due volti a censurare la medesima statuizione di merito ma sotto diversi profili (ad esempio, l'uno per violazione di legge, l'altro per omesso esame d'un fatto decisivo), la rinuncia a uno solo dei suddetti motivi non potrebbe comportare alcuna disposizione del diritto della parte, che resterebbe comunque sub iudice.

Cassazione – Sezione VI – Ordinanza 27 agosto 2020 n. 17893

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