Società

Senza rappresentanza cambia la fatturazione

di Matteo Balzanelli, Massimo Sirri

La riqualificazione dei rapporti giuridici instaurati fra le parti è attività cui l’amministrazione finanziaria si dedica con sempre maggior frequenza. È il caso della fattispecie esaminata dalla Cassazione nella sentenza 20591/2020. Con tale pronuncia, aderendo all’impostazione seguita nell’accertamento delle Entrate, i giudici riconducono a un rapporto di mandato senza rappresentanza le prestazioni eseguite da soggetti terzi nell’ambito di un sistema premiante, organizzato da un istituto bancario per i dipendenti che hanno raggiunto i risultati prefissati nel collocamento di prodotti finanziari confezionati da (cosiddette) società-prodotto, appartenenti al medesimo gruppo.

Nella prospettazione dell’istituto di credito, tale rapporto andava invece configurato come un mandato con rappresentanza. Conseguentemente, le fatture dei terzi fornitori sarebbero state correttamente emesse nei confronti delle società-prodotto (come peraltro è condiviso dalla commissione tributaria regionale nel giudizio d’appello), avendo la banca agito da mandataria “con” rappresentanza.

Di diverso avviso, come anticipato, è la Cassazione, la quale rigetta la tesi della contribuente, nel presupposto che sia proprio la «contemplatio domini» di cui all’articolo 1188 del codice civile (invocata dalla difesa a sostegno del comportamento adottato) a evidenziare l’esistenza di un rapporto di mandato senza rappresentanza. A nulla rileverebbe, inoltre, il fatto che non vi sia stato alcun movimento finanziario fra la banca e le società-prodotto, le quali hanno provveduto a pagare direttamente ai fornitori i servizi da questi prestati. E ciò perché, sempre secondo i giudici e diversamente da quanto prevedono le regole civilistiche in materia (secondo le quali il mandato è naturalmente oneroso salvo che ne sia stabilita la gratuità), la normativa Iva comunitaria nulla prevede con riguardo alla gratuità/onerosità del mandato senza rappresentanza.

Né potrebbe essere eccepito che le norme sulla regolarizzazione delle fatture di cui all’articolo 6, comma 8, Dlgs 471/97 (per come interpretate dalla stessa Cassazione) non impongono di entrare nel merito della qualificazione fiscale delle operazioni operata dall’emittente della fattura, dato che, nel rapporto contestato, non è in discussione il regime di una fattura ricevuta, bensì il fatto che il mandatario avrebbe dovuto emettere fattura nei confronti del mandante, con il conseguente obbligo di stabilire il relativo inquadramento ai fini Iva.

In conclusione, i fornitori avrebbero dovuto emettere fattura nei confronti della banca e la banca, in veste di mandataria, avrebbe dovuto rifatturare le medesime prestazioni nei confronti delle società-prodotto in qualità di mandanti; il tutto, in conformità alle previsioni dell’articolo 3, comma 3, Dpr 633/72.

Corte di cassazione - Sentenza 20591/2020

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