Comunitario e Internazionale

Avvocati, il contratto col cliente non ne pregiudica l'indipendenza davanti alla Corte Ue

Francesco Machina Grifeo

Non basta un qualsiasi legame dell'avvocato col proprio cliente, anche se di tipo contrattuale, per pregiudicarne il requisito dell'indipendenza in giudizio, richiesto dallo Statuto della Corte Ue come requisito obbligatorio per il rappresentante. Lo ha stabilito la Grande Sezione, sentenza, nelle cause riunite C-515/17 e C-561/17 del 4 febbraio 2020, affermando che il Tribunale dell'Ue ha commesso un errore nel dichiarare che l'esistenza di un contratto di docenza tra una Università e il suo avvocato ne pregiudicasse l'indipendenza.

I giudici hanno dunque annullato l'ordinanza del Tue che aveva respinto, ritenendolo manifestamente irricevibile, il ricorso proposto dall'università di Breslavia, in Polonia, contro alcune deliberazioni dell'Agenzia esecutiva per la ricerca (REA), perché il consulente giuridico che rappresentava l'Università non era indipendente. La questione riguardava la supposta mancata attuazione da parte dell'Università del programma di ricerca, per cui il Rea aveva richiesto quanto in precedenza versato.

La Corte ricorda che l'articolo 19 dello Statuto sui ricorsi diretti proposti dinanzi agli organi giurisdizionali dell'Unione, impone l'obbligo della rappresentanza da parte di un «avvocato». E che l'avvocato sia abilitato al patrocinio dinanzi a un organo giurisdizionale. Questo perché, prosegue la decisione, «lo scopo dell'incarico consiste soprattutto nel tutelare e nel difendere al meglio gli interessi del mandante, in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche». In quest'ottica, prosegue la decisione, la nozione di «indipendenza» viene definita non soltanto in negativo, vale a dire nel senso di mancanza di un rapporto d'impiego, ma anche in positivo, ossia mediante un riferimento alla disciplina professionale. Non è dunque necessaria l'assenza di qualsivoglia legame con il proprio cliente, bensì di quei particolari legami che pregiudichino manifestamente la sua capacità di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente.

In questo senso, continua la Corte, non può essere considerato sufficientemente indipendente l'avvocato investito di competenze amministrative e finanziarie rilevanti presso la persona giuridica che rappresenta, o comunque collocato a un elevato livello esecutivo (per esempio, quando occupi alte cariche dirigenziali) o comunque possieda azioni della società.

Ma non può essere equiparata a situazioni del genere quella del "consulente giuridico" (figura del diritto polacco ammessa a rappresentare la parte in giudizio) legato all'Università da semplici incarichi di docenza. Secondo la Corte, dunque, un tale legame non era sufficiente a far ritenere che il consulente si trovasse in una situazione «manifestamente lesiva della sua capacità di difendere al meglio, in piena indipendenza, gli interessi del suo cliente».

Cgue - Grande Sezione - Sentenza nelle cause riunite C-515/17 e C-561/17 del 4 febbraio 2020

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