Comunitario e Internazionale

Codice antimafia, interdittive prefettizie in linea con il diritto Ue

di Raffaele Ruberto

L’ordinamento giuridico italiano prevede l’informazione antimafia come uno dei principali strumenti amministrativi per prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici. Il provvedimento, di natura preventiva, in quanto finalizzato ad anticipare la soglia della difesa sociale, è emanato dal prefetto al termine di un’istruttoria.

Il 13 gennaio 2020 il Tar Puglia - Bari, sezione III, con la pronuncia n. 28, ha rimesso alla Corte di giustizia Ue la questione pregiudiziale diretta a chiarire se la disciplina italiana in tema di informazione antimafia (articoli 91, 92 e 93 del Codice antimafia), nella parte in cui non prevede il contraddittorio con il soggetto nei cui confronti si intende adottare un’informativa antimafia interdittiva, sia compatibile con il principio del contraddittorio così come ricostruito e riconosciuto quale principio di diritto dell’Unione.

Il collegio, dopo aver descritto la vicenda processuale, ha ipotizzato la violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea, e in particolar modo dell’articolo 41 della Carta, che prevederebbe – a giudizio del Tribunale – un principio del contraddittorio di carattere generale e assoluto.

Sennonché, la tesi non è affatto pacifica e sussistono opposte ragioni di forte pregnanza.

Premesso che sulla dibattuta questione del contraddittorio procedimentale in materia di informazioni antimafia è intervenuto in seguito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 820 del 30 gennaio 2020, la tesi contraria all’esigenza palesata dal Tar Puglia trova invece autorevole conforto proprio nella lettura completa dell’ articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Nell’ordinamento italiano, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento pregiudizievole e, dunque, il diritto a partecipare, è assicurato in generale dalla legge n. 241 del 1990. Questa forma di accesso incontra, tuttavia, proprio ai sensi dell’articolo 41 prima citato, il limite del rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto (si veda Corte di giustizia, sezione I, 6 giugno 2013, n. 536). Non solo. Ulteriori limitazioni possono essere apposte per tutelare esigenze di efficienza dell’amministrazione (come si è visto a proposito del diritto di essere ascoltato), allorché l’accesso, per esempio, possa nuocere alle indagini in corso.

Ne consegue, che le considerazioni che precedono, realizzando una deroga al generale favor partecipationis che caratterizza la legge sul procedimento amministrativo, trovano applicazione con riguardo ai procedimenti che conducono ai provvedimenti interdittivi prefettizi.

Inoltre, occorre anche ricordare che nel nostro ordinamento il contraddittorio procedimentale è comunque contemplato nelle procedure antimafia, poiché l’articolo 93, comma 7, del decreto legislativo n. 159 del 2011 prevede che «il prefetto competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite invita, in sede di audizione personale, i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione ritenuta utile».

In conclusione, l’ordinamento vigente, dal cosiddetto Codice antimafia sino alle sue più recenti integrazioni, ha voluto apprestare, per l’individuazione del pericolo di infiltrazione mafiosa nell’economia e nelle imprese, strumenti sempre più idonei e capaci di consentire valutazioni e accertamenti tanto variegati e adeguabili alle circostanze, quanto variabili e diversamente atteggiati sono i mezzi che le mafie usano per cercare di moltiplicare i loro illeciti profitti. Nella ponderazione degli interessi in gioco, tra cui certo quello delle garanzie dell’interessato da una misura interdittiva è ben presente, non può pensarsi che gli organi dello Stato contrastino con armi impari la pervasiva diffusione delle organizzazioni mafiose che hanno, nei sistemi globalizzati, vaste reti di collegamento e profitti criminali quale ragione sociale per tendere al controllo di interi territori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©