Comunitario e Internazionale

Il giudicato resta anche se c’è contrasto

di Marina Castellaneta

Il giudice nazionale non è tenuto a disapplicare le norme processuali interne che assicurano l’autorità di cosa giudicata a una sentenza anche se questo potrebbe portare a rimediare a una violazione del diritto Ue. Questo perché – ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza (C-34/19) – il principio dell’autorità di cosa giudicata ha un’importanza fondamentale nell’ordinamento dell’Unione e in quelli nazionali. Detto questo, però, gli interessati possono agire contro lo Stato per i danni provocati da violazioni del diritto dell'Unione. Il Tar del Lazio ha chiesto l’intervento degli eurogiudici per l’interpretazione dell'articolo 22 della direttiva 97/13 sulle autorizzazioni generali e licenze individuali nei servizi di telecomunicazione, prima di risolvere la controversia che vede contrapposti Telecom Spa e ministero dell’Economia il quale aveva richiesto il pagamento di un conguaglio del canone di concessione per il 1998. L’azienda si era opposta ai criteri di calcolo dell’importo e aveva contestato l’interpretazione di una sentenza della Corte Ue del 2008. Il Consiglio di Stato, però, aveva confermato l’obbligo del versamento del canone. Telecom aveva citato in giudizio per danni lo Stato italiano e la Corte di appello aveva dato ragione al ricorrente confermando l’esistenza di una violazione manifesta del diritto dell’Unione. La vicenda è tornata dinanzi ai giudici amministrativi che hanno chiesto l’intervento di Lussemburgo.

La Corte Ue ha chiarito che la direttiva 97/13 non permette a uno Stato membro di richiedere a un operatore, che sia stato titolare di un diritto esclusivo sui servizi di telecomunicazioni pubbliche, poi titolare di un’autorizzazione generale, il pagamento di un onere pecuniario calcolato sul fatturato e non sui costi amministrativi. Il punto centrale della pronuncia riguarda, però, le conseguenze di una violazione del diritto dell’Unione nei casi in cui una sentenza sia passata in giudicato. Per la Corte, se l’autorità di cosa giudicata relativa alla sentenza del Consiglio di Stato del 2009 si estende al procedimento in corso dinanzi al Tar e determina la soluzione del procedimento (accertamento che gli eurogiudici passano al tribunale amministrativo), il giudice nazionale non è tenuto a disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono «autorità di cosa giudicata a una decisione» e questo anche se ciò permetterebbe di rimediare a una violazione del diritto dell'Unione. Nel caso in cui, invece, il Tar ritenga che la pronuncia del Consiglio di Stato del 2009 non sia determinate per la soluzione della controversia, dovrà procedere all’interpretazione conforme e, se necessario, modificare anche la giurisprudenza consolidata che si è formata nell’ordinamento interno se incompatibile con il diritto dell'Unione.

Corte di giustizia Ue - C-34/19

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