Comunitario e Internazionale

L’equo processo vale per il procedimento disciplinare dei notai

di Marina Castellaneta

Sul rapporto tra applicazione di sanzioni disciplinari ai professionisti e rispetto delle regole sull’equo processo, garantito dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, è intervenuta la Corte di Strasburgo. Al centro della pronuncia (Peleki contro Grecia, ricorso n. 69291/12), i cui principi devono essere applicati dai giudici degli Stati parti, il ricorso di una notaia destinataria di un provvedimento disciplinare di sospensione temporanea dalla professione.

Il caso
La controversia riguardava un atto di trasferimento di proprietà tra una società immobiliare e il monastero di Vatopedi, nel monte Athos, che prevedeva lo scambio di una parte indivisa di un lago appartenente al monastero e i beni immobiliari dello Stato greco. A seguito di articoli di stampa, era stato aperto un procedimento disciplinare nel quale si contestava alla notaia di aver favorito il monastero prevedendo lo scambio di beni indisponibili dello Stato. Il Consiglio di disciplina notarile aveva avviato il procedimento e, constatata la violazione del codice notarile, aveva trasmesso gli atti alla Corte di appello di Atene, che aveva applicato alla professionista l’interdizione temporanea di alcuni mesi.

La Corte europea
Sulla compatibilità del procedimento disciplinare con l’articolo 6, la Corte europea ha chiarito che, in base ai criteri affermati nella sentenza Engel, la sanzione disciplinare non può essere equiparata a una sanzione penale anche perché il livello di gravità della prima non è paragonabile all’altra. Escluso il profilo penale,per la Corte, in ogni caso, l'articolo 6 è applicabile perché il procedimento disciplinare è assimilabile a quello civile.

Per Strasburgo, che ha fornito la chiave alle autorità nazionali per accertare la compatibilità con la Convenzione dei procedimenti disciplinari, la valutazione dell'iter, che porta all’adozione di misure nei confronti dei professionisti, va svolta nel suo insieme. Questo vuol dire che non si verifica una violazione dell’articolo 6 se il procedimento disciplinare non è stato del tutto conforme alla Convenzione, ma è stato assicurato un successivo controllo giurisdizionale.

È vero, quindi, - osservano i giudici internazionali – che nel procedimento disciplinare, di natura amministrativa, gli avvocati della notaia avevano chiesto la parola senza che ciò fosse accordato, ma poiché vi è stato un controllo giurisdizionale successivo da parte della Corte d’appello, con l’audizione di testimoni e la presentazione di ulteriori prove, l’equità del processo è stata garantita. Anche nel procedimento in Cassazione, inoltre, i giudici nazionali hanno rimediato alle lacune del consiglio di disciplina. Di qui la conformità alla Convenzione europea.

Corte di Strasburgo, Peleki contro Grecia, ricorso n. 69291/12

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