Comunitario e Internazionale

Arresto Ue da rivedere, Polonia troppo autoritaria

di Giovanni Negri

La tentazione autoritaria di alcuni Governi europei nei rapporti con la magistratura si scarica anche su istituti chiave della cooperazione giudiziaria. È il caso del mandato d’arresto europeo e della Polonia. La Corte di cassazione, con la sentenza 15294 della Sesta sezione penale apre alla possibilità di rifiuto della consegna di un cittadino polacco accusato dalle autorità giudiziarie del suo Paese di associazione per delinquere finalizzata a reati fiscali e di riciclaggio.

Detto che la Corte d’appello aveva dato il via libera all’esecuzione della richiesta, la Cassazione annulla però la sentenza e ne impone un ripensamento anche alla luce di recentissimi eventi. Già la difesa aveva sottolineato il rischio di un’assenza di terzietà del giudice, dopo le riforme che in Polonia hanno compromesso autonomia e indipendenza della magistratura. La difesa valorizzava tra l’altro le intercettazioni del difensore disposte in Polonia per ottenere informazioni sull’imputato.

La Cassazione mette l’accento sul progressivo aggravarsi della situazione polacca per quanto riguarda i principi base dello Stato di diritto.

Dove il riferimento è sia alla giurisprudenza della corte Ue sia ai provvedimenti di apertura di infrazione, con, da ultimo, l’ordinanza dell’8 aprile scorso, con la quale è stata disposta la sospensione in via cautelare della legislazione polacca sui procedimenti disciplinari a carico dei giudici e la nuova procedura di infrazione avviata il 29 aprile dopo che il 14 febbraio è entrata in vigore la nuova legge sulla magistratura.

In particolare quest’ultimo provvedimento è stato considerato assai grave in chiave europea, visto che impedisce ai tribunali polacchi di applicare direttamente determinate disposizioni del diritto Ue e di presentare alla Corte europea domande pregiudiziali. Inoltre, è stato assai esteso il perimetro degli illeciti disciplinari di cui la magistratura può essere chiamata a rispondere, sino a configurare lo stesso sistema disciplinare come strumento di controllo politico. In discussione ci sarebbero poi anche violazioni alla privacy dei giudici chiamati a rivelare dati di natura personale.

Fatti di estrema gravità, avvenuti dopo la sentenza della Corte d’appello oggetto di ricorso, e che ora spingono la Cassazione a rinviare la questione della consegna alla Corte d’appello per un nuovo esame che tenga conto di tutti gli elementi.

Tenendo presente che il rifiuto alla consegna può scattare solo «in casi eccezionali», quando in pericolo di effettiva violazione ci sono diritti fondamentali della persona. Alla difesa così è affidata la dimostrazione, allegando circostanze specifiche e dettagliate, dell’influenza delle riforme avvenute da ultimo in Polonia sul caso concreto.

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