Comunitario e Internazionale

Non è abusiva la clausola che applica norma imperativa in assenza di accordo

di Paola Rossi

Per la Corte di giustizia dell'Unione europea la clausola contrattuale che riproduce una regola imperativa fissata dalla legge nazionale applicabile - nel caso in cui le parti non abbiano diversamente concordato - non è di per sé abusiva ed esula dal campo di applicazione della direttiva n. 13 del 1993. Questa l'affermazione di ieri della Cgue contenuta nella sentenza sulla causa C-81/19 relativa alla legittimità di un contratto di rifinanziamento in valuta estera di un mutuo stipulato in moneta nazionale. La vicenda si è svolta in Romania tra una banca e un privato, che a causa della forte svalutazione del leu rumeno, si era visto l'importo da rimborsare quasi raddoppiato negli anni.
Esclusione dalla nozione di abuso verso il consumatore - Per la Corte Ue una clausola contrattuale non negoziata riproducente una regola prevista da una legge nazionale ed efficace tra le parti contraenti in mancanza di un loro diverso accordo al riguardo, non rientra nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

La vicenda - Il rinvio prende le mosse dal giudizio instaurato in Romania dai ricorrenti che tra le altre cose sostenevano che la banca fosse venuta meno al proprio obbligo informativo, in sede di negoziazione e conclusione del contratto, per non averli avvisati dell'operatività della norma supplettiva in assenza di specifico accordo tra le parti. In particolare, del rischio tutto accollato al singolo e non anche alla banca derivante dalle variazioni c di cabio tra la avluta del mutuo e quella del rifinanziamento. La Corte rumena ha chiesto specificatamente alla Cgue quali siano le conseguenze che un giudice nazionale deve eventualmente trarre dalla constatazione del carattere abusivo di una clausola relativa al rischio di cambio.

La soluzione della Cgue - La direttiva invocata - risponde la Cgue - non si applica se sono soddisfatte due condizioni: - la clausola contrattuale deve riprodurre una disposizione legislativa o regolamentare e - tale disposizione deve essere imperativa. L'esclusione si giustifica perché, "in linea di principio", va presunto che il Legislatore nazionale abbia stabilito un equilibrio tra l'insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti.

Verifica del giudice nazionale - Spetta al giudice nazionale verificare se la clausola contrattuale portata in giudizio riproduca disposizioni del diritto nazionale: - applicabili in modo imperativo, indipendentemente dalla scelta delle parti contraenti o - applicabili in via suppletiva in caso di assenza di un accordo specifico tra le parti. Secondo il giudice del rinvio si trattava di regola suppletiva e la Cgue osserva che l'espressione «disposizioni legislative o regolamentari imperative» comprende anche le regole che per la legge nazionale si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo. Scatta perciò l'esclusione dal campo di applicazione della normativa unionale e anche in assenza di un negoziato individuale.

Corte di giustizia dell'Unione europea - Sentenza 9 luglio 2020 - Causa C-81/19

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