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Cgue: ritardi aerei, sì al ristoro in valuta nazionale

Il passeggero il cui volo sia stato cancellato o abbia subito un ritardo prolungato può esigere il pagamento della compensazione pecuniaria prevista dal diritto dell'Unione nella valuta nazionale del suo luogo di residenza. Lo ha stabilito la Corte Ue con la sentenza nella causa C-356/19 chiarendo che il diniego di pagamento sarebbe incompatibile con l'obbligo di interpretazione estensiva dei diritti dei passeggeri del traffico aereo, nonché con il principio della parità di trattamento dei passeggeri danneggiati.

Il caso – A seguito di un ritardo areo di circa tre ore, relativo ad un volo da un paese terzo ad una città polacca, il passeggero, residente in Polonia, aveva maturato il diritto ad una compensazione pecuniaria di 400 euro, ai sensi del regolamento sui diritti dei passeggeri del traffico aereo (CE n. 261/2004 ). Ceduto il proprio credito nei confronti della compagnia aerea ad una società terza, quest'ultima si era rivolta al Tribunale della città di Varsavia-capitale affinché ordinasse alla Travel Service di corrisponderle la somma di 1 698,64 zloty polacchi (PLN) (ossia, in applicazione del tasso di cambio fissato dalla Banca nazionale di Polonia, l'equivalente di 400 euro). La società si è opposta sostenendo che la domanda, contrariamente alle disposizioni del diritto nazionale, era stata proposta in una valuta errata, vale a dire in PLN e non in euro.

La motivazione
- Con la sentenza odierna la Corte ricorda che per meglio tutelare i viaggiatori le disposizioni che conferiscono diritti ai passeggeri del traffico aereo devono essere interpretate estensivamente. In questo senso, subordinare il diritto alla compensazione pecuniaria al pagamento in euro equivarrebbe a restringere l'esercizio dei diritti dei consumatori.
Infatti, prosegue la decisione, imporre una simile condizione potrebbe sfociare in una differenza di trattamento tra i passeggeri danneggiati o tra i loro aventi causa, senza che alcuna giustificazione oggettiva possa essere addotta per tale differenza di trattamento.

La Corte precisa, poi, che il pagamento dell'importo della compensazione pecuniaria dovuta nella valuta nazionale avente corso legale nel luogo di residenza dei passeggeri interessati presuppone necessariamente un'operazione di conversione dell'euro che, in assenza di indicazioni specifiche, resta di competenza del diritto interno degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

I giudici di Lussemburgo ne traggono la conclusione che il regolamento CE n. 261/2004 osta a una normativa o a una prassi giurisprudenziale di uno Stato membro in forza della quale la domanda giudiziale è respinta per il solo motivo che lo stesso l'ha espressa in detta valuta nazionale.

Corte Ue - Sentenza 3 settembre 2020 nella causa C-356/19

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