Professione e Mercato

Giustizia, sospensione delle udienze solo nelle zone a maggior rischio

di Nino Amadore e Maurizio Caprino

Dopo quasi due settimane di tensioni e incertezze nei palazzi di giustizia, sull’emergenza coronavirus entra in campo il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Non con la sospensione generalizzata dei termini che molti chiedono, formalmente o informalmente, ma con uno stop nelle zone dove si rivelasse necessario. È finita così una giornata caratterizzata ancora da provvedimenti locali in ordine sparso, voci su nuovi contagi e polemiche, in cui il Csm ha dato alcune linee guida per lo smart working anche in ambito giudiziario.

In serata da fonti del ministero si è appreso che Bonafede starebbe lavorando su un provvedimento. Non si è saputo quale veste formale esso assumerebbe, ma prevederebbe prescrizioni restrittive in tutte le strutture giudiziarie per la tutela degli operatori e l’adozione di ogni misura idonea a contenere il contagio. Fra le norme in lavorazione anche quelle che prevederebbero la possibile sospensione delle udienze non urgenti in tutte le zone del Paese in cui si manifestano esigenze sanitarie.

Dunque, ci sarebbe prudenza su un tema che andrebbe a incidere sul delicato tema dei tempi della giustizia. Tanto più quando ora che non sono ancora sopite le polemiche politiche sulla riforma della prescrizione.

Ma un intervento del ministro appariva inevitabile già dal pomeriggio, quando si era espresso anche il Csm. Chiedendo al ministro una «modifica delle norme processuali necessaria a garantire la piena utilizzazione in tutti i procedimenti civili e penali delle modalità di svolgimento delle attività giurisdizionali svolte da remoto».

Il Csm ha anche inviatoai dirigenti degli uffici giudiziari linee guida per «lo svolgimento dell’attività lavorativa dal domicilio del magistrato» e «il lavoro da remoto mediante l’utilizzo delle dotazioni tecnologiche e informatiche fornite dal ministero».

Forse non è un caso che queste iniziative siano state prese all’indomani della proclamazione dello sciopero degli avvocati, sia pure da parte di una sola organizzazione di categoria, l’Ocf (Organismo congressuale forense).

L’astensione è stata però ritenuta illegittima ieri in una videoconferenza tenuta tra il ministero e i presidenti delle Corti di appello. Secondo l’orientamento prevalente emerso dalla riunione, mancherebbero i presupposti di deroga ai termini di preavviso degli scioperi e le emergenze sanitarie non possono essere valutate nè da avvocati nè da magistrati, ma solo dalle autorità preposte (Governo, presidenti delle Regioni, e sindaci).

Tutto questo accadeva mentre in aule, stanze e corridoi gli operatori cercavano anche soluzioni “artigianali” per ridurre i rischi di contagio. Per esempio con cancellieri che inviavano per mail agli avvocati le date di rinvio delle udienze o legali di aree del Nord che, impegnati in udienze al Sud, dichiaravano la loro provenienza pur sentendosi in perfetta salute.

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