Penale

Reato di omessi versamenti, basta il dolo generico

di Antonio Iorio

Con le modifiche apportate al decreto fiscale dalla legge di conversione sono state abrogate le più basse soglie inizialmente previste dal Dl 124/2019 per i reati di omesso versamento delle ritenute e dell’Iva. Il decreto fiscale infatti aveva portato a 100mila euro (in luogo di 150mila) la soglia penalmente rilevante ai fini dell’omesso versamento delle ritenute e a 150mila (in luogo di 250mila) la soglia del reato di omesso versamento dell’Iva

Successivamente la legge di conversione ha abrogato tali modifiche con la conseguenza che per evitare la commissione del reato occorrerà osservare le regole già vigenti negli anni scorsi.

Poiché si tratta di reati che si verificano di frequente, in quanto sono spesso determinati non dalla volontà dell’imprenditore di evadere, ma dall’assenza di disponibilità finanziarie, vale la pena di esaminarne in dettaglio i contenuti.

Iva e ritenute

Nel caso dell’Iva è sanzionato con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versi l’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo per importi superiori a 250mila euro per ciascun esercizio (articolo 10 ter del Dlgs 74/2000).

Il debito rilevante ai fini del reato è la somma risultante dalla dichiarazione presentata per il periodo di imposta, determinato secondo le regole fiscali. A tal fine occorre considerare solo l’imposta dichiarata e non versata senza gli interessi trimestrali eventualmente dovuti (Cassazione 46953/2018). Per la verifica del superamento della soglia di punibilità, va verificato l’importo indicato nel rigo VL32 (Iva a debito).

Per quanto concerne invece le ritenute (articolo 10 bis del decreto legislativo 74/2000) è punito con la medesima sanzione (reclusione da sei mesi a due anni) chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 150mila euro per ciascun periodo d’imposta.

Si tratta di reati istantanei che si perfezionano alla scadenza del termine previsto con la conseguenza che è sufficiente il dolo generico e non occorre il fine di evasione (elemento soggettivo): basta cioè la consapevolezza di non versare all’erario alle previste scadenze le imposte dichiarate e dovute.

Responsabilità

Nel caso in cui la condotta omissiva riguardi ditte individuali, professionisti, artigiani ecc., non vi è dubbio che il delitto venga ascritto al contribuente interessato, il quale ha comunque tratto beneficio dall’omissione.

In ipotesi invece di violazioni commesse da società, è responsabile il rappresentante legale dell’azienda alla data di consumazione del reato a prescindere da chi abbia materialmente firmato la dichiarazione contenente il debito non versato.

Secondo la Cassazione, anche se non mancano pronunce in senso contrario, non risponde del reato il liquidatore che non ha versato le imposte se al momento dell’assunzione dell’incarico non vi erano le risorse disponibili: si tratta di una causa di forza maggiore che giustifica l’inadempimento (sentenza 17727/2019). In base a tale orientamento, il liquidatore risponde del delitto solo qualora distragga l’attivo della società in liquidazione dal fine del versamento all’Erario a scopi differenti.

Tale conclusione deriva dalle limitazioni previste in ambito tributario dall’articolo 36 Dpr 602/73, secondo cui la responsabilità del liquidatore sussiste solo qualora non provi di aver soddisfatto i crediti erariali prima dell’assegnazione di beni ai soci ovvero il soddisfacimento di altri creditori.

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