Penale

Spazzacorrotti retroattivo, no della Consulta

di Giovanni Negri

Una legge certo problematica, la «spazzacorrotti». Sulla quale la Corte costituzionale torna a intervenire. Ieri un comunicato della Consulta ha reso nota la conclusione cui era giunta poche ore prima la camera di consiglio: le restrizioni sulla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione non possono essere applicate retroattivamente.

La Corte ha così giudicato illegittima quella linea interpretativa, cristallizzata di recente anche in alcune sentenze della Cassazione, favorevole all’applicazione anche per il passato di modifiche peggiorative dell’ordinamento penitenziario.

In particolare, sottolinea il comunicato, la dichiarazione di illegittimità fa riferimento a quanto previsto dalla legge n. 3 del 2019 con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna. Secondo la Consulta, infatti, l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle sanzioni.

Una sentenza «storica», mette in evidenza l’avvocato e professore a Bologna Vittorio Manes, che davanti alla Corte ha sostenuto la tesi dell’illegittimità (trovando inatteso ascolto nello stesso avvocato dello Stato, che, però aveva chiesto una pronuncia interpretativa di rigetto, che avrebbe avuto comunque nei fatti conseguenze analoghe). E tanto più importante «in un conteso, come quello attuale, dove i princìpi e le libertà fondamentali vengono frequentemente trascurati negli interventi in materia penale, troppo spesso spinti dall’onda emotiva e dalla ricerca di un facile consenso elettorale».

Minimizza invece il “padre” della legge, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ricorda come all’esame della Corte non c’era una norma della legge, che «nulla diceva sulla retroattività», quanto un percorso interpretativo costantemente seguito dalla magistratura.

A fine mese, in teoria, la Corte costituzionale dovrebbe tornare ad occuparsi della «spazzacorrotti» su un piano più sostanziale, non più sulle modalità di applicazione, quanto sulla legittimità della stretta stessa sui benefici alternativi al carcere nei confronti dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Da verificare però se, dopo la conclusione raggiunta ieri, le questioni sollevate non possano essere giudicate non più rilevanti, visto che fanno riferimento a casi di applicazione retroattiva delle restrizioni. Fattispecie bocciata però appunto ieri dalla Consulta.

In ogni caso, su un aspetto centrale della «spazzacorrotti», la Corte costituzionale si è già espressa il 4 dicembre scorso, con la sentenza n. 253 sull’ergastolo ostativo. In quella pronuncia, infatti, venne messo nero su bianco che i permessi premio non possono essere negati in via assoluta ai condannati per reati di corruzione sulla base dell’assenza di collaborazione con l’autorità giudiziaria.

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