Penale

La marchiatura “CE” non esonera il datore dalla sicurezza dei macchinari utilizzati dai lavoratori

di Giuseppe Amato

In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 20 febbraio 2020 n. 6566.

A questa regola, prosegue la Corte, può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza, per esempio, allorquando il vizio riguardi una parte non visibile e non raggiungibile della macchina. In ogni caso, proprio l’obbligo del datore di lavoro di accertare la corrispondenza ai requisiti di legge della macchina utilizzata, non possono valere a escludere la sua responsabilità la mera presenza sulla macchina della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore.

Massima di indubbia esattezza, in linea con le norme e con il ruolo del datore di lavoro, quale responsabile primario della sicurezza dell’ambiente di lavoro. In realtà, anche a prescindere dalle espresse indicazioni normative degli articoli 69 e seguenti del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, già dal generale disposto dell’articolo 2087 del codice civile, che costituisce «norma di chiusura» rispetto alle disposizioni della legislazione antinfortunistica, deve desumersi a carico del datore di lavoro l’obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa quelle misure che, sostanzialmente e in concreto, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

In questa prospettiva, il datore di lavoro è tra l’altro tenuto a fornire ai lavoratori macchinari sicuri, mentre eventuali concorrenti profili colposi addebitabili al fabbricante non elidono certamente il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo in danno del lavoratore, essendo quindi configurabile la responsabilità del datore di lavoro il quale introduce nell’azienda e mette a disposizione del lavoratore una macchina - che per vizi di costruzione possa essere fonte di danno per le persone - senza avere appositamente accertato che il costruttore, e l’eventuale diverso venditore, abbia sottoposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti per accertarne la resistenza e l’idoneità all’uso, non valendo a escludere la propria responsabilità la mera dichiarazione di avere fatto «affidamento» sull’osservanza da parte del costruttore delle regole della migliore tecnica (in termini, tra le tante, sezione IV, 3 ottobre 2018, Motta Pelli srl; nonché, in precedenza, sezione IV, 25 novembre 2010, Nemfardi; sezione feriale, 26 agosto 2008, Brescia; sezione IV, 11 dicembre 2007, Mantelli e altri).

In particolare, sull’irrilevanza dell’apposizione del marchio “CE”, cfr. sezione IV, 6 aprile 2011, Pezzino, secondo cui il datore di lavoro è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati e risponde dell’infortunio occorso a un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano a esonerarlo dalla sua responsabilità; e ciò a prescindere dalla eventuale configurabilità di autonome concorrenti responsabilità del costruttore.

Cassazione – Sezione III penale – Sentenza 20 febbraio 2020 n. 6566

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