Penale

Scarcerazione per malattia, perito e test prima della decisione non dopo

di Patrizia Maciocchi

Il giudice che non ritiene, allo stato degli atti, di accogliere la richiesta di sostituzione della misura di custodia in carcere per ragioni di salute, ma dispone tuttavia accertamenti sanitari, deve nominare un perito e adottare la sua decisione solo dopo aver avuto i risultati delle verifiche mediche. La Corte di cassazione, con la sentenza 15252, accoglie il ricorso contro il no alla richiesta di revoca o di sostituzione della custodia in carcere nei confronti di un indagato per reati di mafia. Alla base della richiesta più episodi allergici con shock anafilattici di cui aveva sofferto l'indagato, tanto da essere trasferito prima in una struttura attrezzata per le prove allergiche, senza tuttavia farle, poi in un terzo carcere che disponeva di un centro clinico. Ma prima che arrivassero i risultati dei test non ancora effettuati il giudice aveva stabilito che la condizione era compatibile con la detenzione, una scelta ad avviso del tribunale in linea con l'indicazione del perito d'ufficio che aveva tuttavia lasciato aperta la strada di una rivalutazione nel caso fosse stata documenta una grave patologia. La Suprema corte ricorda che l'obbligo di nominare un perito non c'è per qualunque malattia ma solo quando venga evidenziata e circostanziata una patologia “particolarmente grave”, non curabile in carcere neppure nelle strutture particolarmente attrezzate. E dimostrarla in modo esauriente non spetta al detenuto, il quale deve solo fornire elementi utili in tal senso. Esattamente quanto avvenuto nel caso esaminato, in cui il giudice aveva disposto ben due trasferimenti riconoscendo implicitamente l'astratta possibilità che ci fosse una patologia grave. Malgrado questo si è deciso per la compatibilità con il regime carcerario. Una decisione che il giudice avrebbe dovuto adottare dopo aver avuto i risultati degli accertamenti che lui stesso aveva richiesto. La norma di riferimento (articolo 275, comma 4-bis del Codice di procedura penale) dispone, infatti, che se il giudice ritiene di non accogliere la domanda sulla base degli atti “dispone con immediatezza, e comunque non oltre i termini previsti dal comma 3, chi accertamenti medici del caso, nominando un perito”. Una previsione che va intesa nel senso che l'accertamento del perito va disposto prima e non dopo la decisione sull'istanza. Questo sia nel rispetto dei criteri di sequenza logica sia del dato letterale, secondo il quale l'accertamento “peritale” va disposto immediatamente, entro i termini indicati per la decisione sulla domanda: e dunque chiaramente prima di questa.

Corte di cassazione – Sezione II penale – Sentenza 18 maggio 2020 n.15252

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©