Penale

Reati tributari, immobile non sequestrabile al posto del denaro

di Laura Ambrosi

Non è possibile sostituire le somme di denaro depositate sul conto di una società sequestrate per il reato di omesso versamento Iva, con analoga misura cautelare su un immobile di proprietà dell’ impresa, anche se c’è il consenso della società. Si verificherebbe infatti un’illegittima trasformazione da sequestro diretto del profitto del reato (le somme sui conti), a sequestro per equivalente su immobile, consentito, per un reato tributario, solo nei confronti del reo e non della società.

È questo il princio espresso dalla Cassazione con la sentenza 15308.

A seguito della contestazione del delitto di omesso versamento Iva ad una srl, era disposto il sequestro diretto del profitto del reato, finalizzato alla futura confisca, di somme depositate sui conti correnti societari.

La srl, successivamente, richiedeva il trasferimento della misura cautelare su un immobile di sua proprietà. Il tribunale del riesame accoglieva la richiesta.

Contro la decisione ricorreva per Cassazione il Pm che lamentava il trasferimento del vincolo posto in relazione al profitto diretto del reato (il denaro sul conto societario) su un bene immobile costituente invece profitto per equivalente.

La difesa eccepiva la legittimità della sostituzione stante il consenso dell’interessato che la richiedeva espressamente. In ogni caso, il valore dell’immobile era quasi doppio rispetto all’importo del sequestro. La Cassazione accoglie il ricorso del Pm.

I giudici ricordano che le somme oggetto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato oppure un valore equivalente, non possono esser sostituite con beni mobili o immobili di identico valore. Tale operazione comporta una permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato

Questa sostituzione non è ammissibile neanche qualora vi sia il consenso del soggetto interessato perché si tratta di un bene (nella specie immobile) che pacificamente non costituisce profitto neanche indiretto dell’illecito.

Si tratterebbe di un vincolo preordinato ad una confisca per equivalente del profitto che la legge non prevede in capo alla società che si sia avvantaggiata del reato. Detta confisca infatti può interessare solo l’autore dell’illecito (il rappresentante legale) e solo nel caso in cui non sia possibile eseguire analoga misura sul profitto dell’illecito in via diretta.

Ne conseguirebbe, nonostante l’espresso consenso dell’interessato, che, in caso di condanna, non potrebbe mai eseguirsi la confisca di quel bene perché non consentita dalla legge. Il provvedimento cautelare si rivelerebbe pertanto privo di effetti

In ordine al valore circa doppio dell’immobile rispetto alle somme vincolate, la sentenza evidenzia che proprio per tali ragioni la società non dovrebbe incontrare alcuna difficoltà ad ottenere un prestito per importo equivalente a quello sequestrato, dando in garanzia l’mmobile stesso senza ricorrere così ad interpretazioni in materia di confisca contra legem.

Corte di cassazione – Sezione III – Sentenza 19 maggio 2020 n.15308

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