Penale

Oltraggio a pubblico ufficiale, va provato che l'offesa è stata sentita da altri

di Domenico Carola


I giudici della sesta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 13688 del 6 maggio 2020 hanno ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale è tipicizzato dal legislatore soltanto sotto il profilo teleologico, come volontà diretta a impedire la libertà d'azione del pubblico ufficiale.

La vicenda - Un imputato denunciava la nullità assoluta della notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio, lamentando di non aver mai ricevuto la notifica del decreto di citazione e aver avuto conoscenza dell'esistenza del procedimento penale a suo carico solo a seguito della citazione a comparire in qualità di testimone del padre. L'imputato aveva fornito correttamente le proprie generalità e la propria residenza, ma i verbalizzanti commettevano un errore nel compilare l'intestazione del verbale di identificazione perché era stato riportato un indirizzo di residenza diverso: veniva confuso l'interno con il numero civico.

L'ufficiale giudiziario, limitandosi a leggere l'intestazione del verbale, ripeteva l'errore e perciò dichiarava di non avere rinvenuto alcuno all'indicato domicilio, provvedendo quindi all'invio della raccomandata. Lo stesso errore ovviamente si ripeteva con l'invio della raccomandata in cui veniva anche trascritto erroneamente il cognome dell'imputato. Così la consegna non si perfezionava per irreperibilità del destinatario e la notifica veniva eseguita ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (mediante consegna al difensore).

All'imputato poi veniva applicato il reato di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale per aver pronuciato la frase : "mio padre è della Guardia di Finanza, voi non mi potete sequestrare ... Ora lo faccio venire e vi faccio vedere" .

La decisione - Gli Ermellini annullano senza rinvio la sentenza per la parte che riguarda la resistenza e l'oltraggio e rideterminano la pena nella misura di mesi quattro di reclusione, rigettando nel resto il ricorso. Hanno ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale è tipicizzato dal legislatore soltanto sotto il profilo teleologico, come volontà diretta a impedire la libertà d'azione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, pertanto la minaccia o la violenza possono consistere in qualunque mezzo di coazione fisica o psichica diretto a raggiungere lo scopo di impedire, turbare, ostacolare l'atto di ufficio o di servizio.

Il Collegio ha evidenziato che per la configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie, è pur sempre necessaria la presenza di almeno due persone, come chiaramente indica la norma citata.

Nel caso in esame, invece, nella sentenza di primo grado c'è scritto che le offese sono state pronunciate alla presenza di persone che si trovavano alla finestra, ma non precisa su quali basi si potesse ritenere che queste fossero in grado di percepire le espressioni oltraggiose. Quindi la sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste e la pena decurtata.

Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 6 maggio 2020 n. 13688

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