Penale

Nuda proprietà, va provato il concorso con l'usufruttuario-committente

di Paola Rossi

Il nudo proprietario risponde dell'abuso edilizio solo se si dimostra la sua consapevolezza e il suo consenso, anche implicito o tacito, alla realizzazione delle opere illegittime. Elementi di prova necessari anche nel caso dell'imputazione per il reato 349 del Codice penale relativo alla violazione dei sigilli dell'autorità. La Corte di cassazione - con la sentenza n. 15760 di ieri - ha così cancellato la condanna alla pena sospesa di oltre 8 mesi di reclusione e 400 euro di multa alla ricorrente che aveva la nuda proprietà dell'immobile, di cui era usufruttuaria la madre che risultava essere la diretta committente dei lavori di sopraelevazione di un secondo piano non autorizzati. Non scatta automaticamente alcun concorso del proprietario, ancor meno se nudo.

Il ricorso - La ricorrente, nonostante la prescrizione del reato contestato, è stata pienamente "scagionata" sul piano penale dalla Corte di cassazione, dopo che entrambe le sentenze di merito l'avevano condannata in maniera omogenea: cioè sulla mera circostanza della sua posizione giuridica di proprietaria dell'immobile. La Cassazione, nell'accogliere il ricorso ha, in primis, fatto rilevare che non solo il nudo proprietario, ma anche il proprietario non ha alcuno specifico obbligo di impedire l'illegittima attività edilizia sul bene da parte di altri soggetti. A maggior ragione tale affermazione vale per chi detiene la mera nuda proprietà, che comporta l'esclusione da qualsiasi diritto di godimento sul bene.

La mancata prova - Nel caso specifico, inoltre, era incontestato che committente dei lavori di sopraelevazione privi di permesso fosse la madre usufruttuaria. Ma i giudici di merito hanno ancorato l'affermazione della personale responsabilità penale della figlia nuda proprietaria all'acclarata circostanza che ella, pur vivendo in altro Comune, si recava a trovare i genitori in occasione delle festività principali, proprio presso l'immobile oggetto delle modifiche illegittime. Ma è la consapevolezza vera e propria dell'abuso che andava dimostrata non sussistendo un obbligo di vigilare al fine di impedire il fatto illecito. In poche parole il concorso della figlia nel reato edilizio di cui non era committente poteva essere affermato solo in presenza di specifici indizi, quali il fatto di abitare nello stesso Comune, l'essere stato individuato sul luogo dei lavori o essere il destinatario finale dell'opera abusiva.

Prosecuzione dei lavori sospesi - Stesso discorso vale per l'affermazione del concorso del proprietario, non committente, nel reato di violazione dei sigilli, realizzato al fine di proseguire e completare l'opera contro lo stop dell'autorità , che ha invece la finalità di "congelare" lo stato dei luoghi. Non poteva commettere il reato chi non è nominato custode del bene sottoposto al vincolo, a meno che non si dimostri la sua fattiva partecipazione alla commissione dell'illecito.

Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 25 maggio 2020 n. 15760

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