Penale

Legittimo il divieto di disapplicare la confisca per contravvenzioni ambientali

di Giovanni Negri

È legittimo il divieto di disapplicazione della confisca per gli illeciti ambientali. Anche per quelli contravvenzionali. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 15965 della Terza sezione penale depositata ieri. La Corte ha così giudicato infondato il motivo di ricorso centrato sulla presunta illegittimità costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza, del divieto. Quest’ultimo, infatti, per la difesa, dovrebbe essere cancellato e la confisca cancellata in caso di messa in sicurezza, attività di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

Tanto più, sosteneva la difesa, che il Codice penale prevede la disapplicazione per una serie di reati che va dal disastro ambientale, all’impedito controllo, al traffico di materiale radioattivo, all’inquinamento ambientale. Per queste fattispecie, come effetto premiante della condotta tenuta dopo il reato, il Codice, all’articolo 452 undecies, ammette che la confisca non trova applicazione quando è stata posta in essere una condotta che rimedia alle conseguenza del reato. Impedire la disattivazione della confisca per le contravvenzioni, meno gravi dei delitti, avrebbe conseguenze pertanto del tutto irragionevoli.

Per la Cassazione tuttavia va tenuta presente la distinzione tra la finalità della confisca prevista dal Codice penale e quella della riforma dei reati ambientali disposta con la legge n. 68 del 2015 (ma in realtà già presente dal 2006 con il decreto legislativo n. 152). La sentenza sottolinea infatti come la prima ha caratteristiche particolari perchè è caratterizzata da una funzione risarcitorio-ripristinatoria, mentre invece la confisca del 2006 ha una natura sanzionatoria con obiettivo dichiaratamente repressivo.

Per arrivare a questa conclusione, la Cassazione valorizza il fatto che la norma del Codice penale prevede che i beni confiscati devono essere messi a disposizione della pubblica amministrazione, vincolando così la loro destinazione esclusivamente alla bonifica dei luoghi. Analoga formulazione non si trova invece per quanto riguarda la confisca del Codice dell’ambiente. L’attività di bonifica, indirizzata a eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti, ricorda la Corte, è un’attività di solito assai onerosa per il soggetto che è chiamato a sostenerne i costi.

Per questo il legislatore, osserva la pronuncia ha subordinato la disapplicazione della confisca allo svolgimento della bonifica e ha riservato l’istituto premiale solo ai delitti in grado di produrre sull’ambiente effetti disastrosi e a volte irreversibili. Escluse invece le ipotesi colpose, di solito incapaci di produrre un effetto inquinante a elevato tasso di nocività.

Va poi tenuto presente, conclude la Cassazione, che sul fronte delle contravvenzioni ambientali, se non è prevista la disapplicazione della confisca, è però previsto un sistema di estinzione del reato modellato sul meccansimo del rispetto di una prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro. La contravvenzione si estingue così osservando una serie di prescrizioni e pagando una sanzione.

Corte di cassazione, Terza sezione penale sentenza 27 maggio 2020 n. 15965

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