Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: è "violenza" la fuga in auto con guida pericolosa

di Giuseppe Amato

In tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all'intervento delle forze dell'ordine, si dia alla fuga, alla guida di un'autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l'incolumità personale degli altri utenti della strada. Lo ricorda la Cassazione con la sentenza 14 febbraio 2020 n. 5926.

È principio pacifico quello secondo cui, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non limitandosi a cercare di sottrarsi all'inseguimento, ma ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l'incolumità personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada (sezione VI, 20 maggio 2015, Farina, in una fattispecie in cui il reato è s tato ravvisato a carico di soggetto che, datosi alla fuga, aveva posto in essere manovre spericolate di guida pur avendo a bordo del proprio veicolo un neonato; nonché, sezione I, 4 luglio 2019, Foriglio).
Sul punto si è ancora più in dettaglio precisato che il reato di resistenza postula la "violenza" o la "minaccia" per opporsi all'atto di ufficio o di servizio, il che presuppone - quanto alla prima ipotesi - un vero e proprio impiego di forza da parte dell'agente e - quanto alla seconda ipotesi - l'attuazione di un comportamento percepibile come minaccioso, in entrambi i casi volto contrastare il compimento dell'atto del pubblico ufficiale. Per l'effetto, il delitto non è configurabile nel caso in cui l'agente ponga in essere una condotta di mera resistenza passiva, come nel caso in cui si dia semplicemente alla fuga, ovvero quando si limiti a divincolarsi come una reazione spontanea e istintiva al compimento dell'atto del pubblico ufficiale. Dovendosi piuttosto solo precisare, quanto alla fuga, in linea con quanto sostenuto qui dalla Cassazione nella sentenza massimata, che integra l'elemento materiale della violenza rilevante ai fini della sussistenza della resistenza punibile, la condotta del soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non limitandosi a cercare di sottrarsi all'inseguimento, ma ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l'incolumità personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada (sezione VI, 2 febbraio 2017, Billè). È interessante la peculiarità della fattispecie, caratterizzata dal fatto che la condotta di resistenza era stata posta in essere nei confronti di attività di controllo posta in essere da personale della polizia municipale, che aveva controllato il contravventore nel territorio di competenza, proseguendo l'inseguimento, dopo la fuga, in altro territorio comunale.

La Corte, respingendo sul punto la doglianza della difesa, ha ritenuto applicabile il disposto dell'articolo 4, lettera b),della legge 7 marzo 1986 n. 65 [legge quadro sull'ordinamento della Polizia Municipale], laddove è previsto che «le operazioni esterne di polizia, d'iniziativa dei singoli durante il servizio, sono ammesse esclusivamente in caso di necessità dovuto alla flagranza dell'illecito commesso nel territorio di appartenenza», in ragione proprio del fatto che l'inseguimento era iniziato nel territorio di competenza di quello specifico ufficio di Polizia municipale.

Cassazione - Sezione VI penale – Sentenza 14 febbraio 2020 n. 5926

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