Penale

La prescrizione non esime il giudice da accertare se il testimone ha detto la verità

di Paola Rossi

La verità di quanto espresso dal testimone è alla base dell'esimente della diffamazione agita nell'adempimento di un dovere. Infatti, se si appura che il testimone ha mentito, venendo meno al dovere di dire la verità, la causa di non punibilità non scatta determinando l'irrilevanza penale delle affermazioni diffamatorie. Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16896 di oggi ha dichiarato carente la sentenza che nel constatare la prescrizione del reato di diffamazione contestato aveva totalmente mancato di accertare la verità o meno delle dichiarazioni rese dal ricorrente in un'audizione davanti al tribunale dei minori. Come chiarisce la Cassazione tale lacuna motivazionale non è giustificata dal fatto che il reato sia prescritto e lascia irrisolta l'accusa ai fini degli effetti civili.

La vicenda - La vicenda riguarda la testimonianza resa dal compagno della madre di un minore conteso con il padre. Quest'ultimo era stato, infatti, accusato di aver manipolato il proprio figlio al fine di fargli dire che il compagno della madre aveva avuto comportamenti abusivi verso di lui. E, inoltre, che il padre del bambino aveva falsamente affermato di essere stato vittima di violenza privata da parte del ricorrente che lo avrebbe minacciato al fine di far ritrattare le accuse nei propri confronti. In un clima altamente conflittuale determinatosi dall'incrocio di due coppie (l'ex moglie del ricorrente aveva poi sposato il padre del bambino) dove i rispettivi figli minori avevano patito la separazione dei propri genitori, sarebbe stato importanete acclarare la verità dei fatti addebitati in sede di audizione davanti al giudice minorile. Ma la verità del fatto addebitato, e lamentato come "diffamatorio", è comunque una componente essenziale del giudizio e, in particolare, nel caso dove formalmente ricorre una scriminante che rende invece perfettamente lecite le attribuzioni di responsabilità contro chi si ritiene diffamato.

Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 4 giugno 2020 n. 16986

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