Penale

Abnorme ordinanza Gup che trasmette atti al Pm per decreto di citazione a giudizio

di Giuseppe Amato

È abnorme, in quanto determina una indebita regressione del procedimento, l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio. Infatti, il provvedimento - pur in astratto frutto di un potere conferito dalla legge al giudice - determina uno "stallo" del procedimento, dovendo, altrimenti, il pubblico ministero porre in essere un atto viziato da nullità, vale a dire l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio per un reato che prevede la celebrazione dell'udienza preliminare. Così la sezione terza penale della Cassazione con la sentenza 16 giugno 2020 n. 18297.

In termini, sezione V, 19 aprile 2016, Branca, nonché sezione III, 18 settembre 2014, Longhi. La Corte argomenta l'abnormità del provvedimento sul rilievo che questo - pur in astratto frutto di un potere conferito dalla legge al giudice - determina uno "stallo" del procedimento, dovendo, altrimenti, il pubblico ministero porre in essere un atto viziato da nullità, vale a dire l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio per un reato che prevede la celebrazione dell'udienza preliminare. Su argomento analogo, la Cassazione ha parimenti ritenuto abnorme il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare, investito della richiesta di rinvio a giudizio [nella specie in ordine al reato di cui all'articolo 73 del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309], modifichi l'imputazione elevata dal pubblico ministero (nella specie, ritenendo ravvisabile il reato di cui al comma 5 del citato articolo 73, per il quale si doveva procedere a citazione diretta), disponendo la restituzione degli atti a quest'ultimo, perché proceda a citazione diretta (sezione IV, 22 maggio 2018, Procura della Repubblica Tribunale Napoli in procedura Angri; si veda. anche sezione V, 10 luglio 2008, Pm in processo Ragazzoni, nonché, sezione V, 22 febbraio 2012, Pm in proc. De Cicco).

A supporto, in tale occasione, la Cassazione ha evidenziato che è pur vero che l'articolo 33-sexies del Cpp consente al giudice dell'udienza preliminare, che ritenga che per il reato debba procedersi con citazione diretta a giudizio, di trasmettere con ordinanza gli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione ex articolo 552 del Cpp. Tuttavia, il giudice deve restare nell'ambito dell'imputazione formulata dal pubblico ministero, non potendo, ai fini dell'adozione del provvedimento ex articolo 33-sexies del Cpp, modificare i termini fattuali dell'imputazione. In definitiva, secondo il ragionamento della Corte di legittimità, l'articolo 33-sexies del Cpp presuppone un'erronea formulazione della richiesta di rinvio a giudizio in relazione al reato così come contestato dal pubblico ministero e non trova invece applicazione allorché il fatto-reato venga riqualificato autonomamente dal giudice dell'udienza preliminare.

Per l'effetto, il giudice, nel caso in cui ritenga l'imputazione formulata in modo non corretto o infondata, può procedere alla sua modifica provvedendo ad una riduzione dell'imputazione o ad un proscioglimento dell'imputato ma a tali esiti può pervenire esclusivamente seguendo i percorsi previsti dagli articoli 429 o 425 del Cpp e non già quello delineato dall'articolo 33-sexies del Cpp. Mentre laddove procedesse erroneamente restituendo gli atti al pubblico ministero, l'abnormità del provvedimento deriverebbe dal fatto che un tale modus procedendi determinerebbe una stasi processuale, perché il pubblico ministero, che dovrebbe attenersi alla indicazione del giudice, non potrebbe più elevare l'imputazione ritenuta più corretta in base ai dati fattuali a disposizione, con inevitabile stallo del procedimento.

Cassazione –Sezione III penale- Sentenza 16 giugno 2020 n. 18297

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