Penale

Condotte criminose risalenti nel tempo, le esigenze cautelari vanno motivate

di Giuseppe Amato

L'attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l'attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l'ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 2 luglio 2020 n. 19890.

In tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al «tempo trascorso dalla commissione del reato», impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché a una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (cfr. sezioni Unite, 24 settembre 2009, Lattanzi). Per l'effetto, ai fini dell'apprezzamento del rischio di recidiva, è necessario indicare gli elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l'indagato/imputato, verificandosene l'occasione, potrà commettere reati della stessa specie, mentre non assolve a tale obbligo la motivazione che valorizzasse il tempo trascorso esclusivamente per scegliere una misura cautelare meno afflittiva (cfr. sezione III, 19 maggio 2015, Sancimino, nonché, sezione IV, 28 marzo 2013, Cerreto).

Ergo, ne deriva che la necessità di uno specifico apprezzamento in punto di "attualità" impone una «motivazione rafforzata», per giustificare positivamente l'esigenza di cautela, in caso di fatto risalente nel tempo. Ciò perché, esemplificando, nella normalità dei casi l'attualità del rischio di recidiva, pur in presenza di un pregiudicato e di un fatto grave, sarebbe difficilmente ipotizzabile nel caso di condotta risalente nel tempo (cfr. sezione VI, 13 ottobre 2010, Brunella: in tema di esigenze cautelari, ai fini dell'apprezzamento del rischio di recidiva, quanto più ci si distacca dal momento di consumazione del reato e dal contesto che lo ha caratterizzato, tanto più è stringente l'esigenza di una motivazione relativa alla permanenza di una concreta ed effettiva attualità del pericolo di reiterazione, idoneo a giustificare la misura cautelare, che consideri anche aspetti differenti e ulteriori rispetto a quelli propri del fatto in sé considerato e tenga conto, in particolare, delle condotte, dei comportamenti e degli eventi successivi).

È in questa ottica che va letto il novum normativo introdotto dalla legge 16 aprile 2015 n. 47, laddove, quanto all'esigenza cautelare del pericolo di fuga e a quella del pericolo di recidiva è stata prevista l'"attualità", oltre che la concretezza del pericolo, non dissimilmente a quanto già previsto per l'esigenza cautelare correlata al pericolo di inquinamento probatorio. Infatti, se la concretezza significa esistenza di elementi "concreti" (cioè non meramente congetturali) sulla cui base possa argomentarsi il rischio cautelare, il requisito dell'attualità impone un ulteriore sforzo motivazionale, risultando necessario che il rischio cautelare si basi su riconosciute «occasioni prossime favorevoli», accreditanti o il rischio della fuga o quello della reiterazione del reato. È chiaro che tale sforzo motivazione deve essere particolarmente stringente proprio rispetto a vicende risalenti nel tempo; e argomento importante a supporto può rinvenirsi proprio negli elementi qui valorizzati dalla sentenza massimata: acclarata persistenza di atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e/o dimostrata esistenza di collegamenti con l'ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (si veda anche sezione VI, 29 novembre 2017, Desiderato e altri, nonché sezione II, 12 luglio 2019, Scarfò).

Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 2 luglio 2020 n. 19890

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