Penale

Il sindaco consulente paga per le violazioni fiscali

di Patrizia Maciocchi

Il commercialista, presidente del collegio sindacale e consulente del gruppo societario, paga i danni alla massa dei creditori come corresponsabile dell’evasione fiscale.

La Corte di cassazione (ordinanza 11884), conferma la condanna, già disposta a carico degli altri sindaci e degli amministratori per oltre 4,5 milioni di euro.

Al ricorrente era stato contestato non solo l’omesso controllo sull’operato del board, ma anche, e soprattutto, il ruolo attivo giocato come commercialista di fiducia del gruppo, in virtù del quale aveva contribuito, in modo determinante, alla strategia gestionale. Una partecipazione all’attività amministrativa, prestata, tra l’altro, in modo incompatibile con la carica formale di presidente del collegio sindacale.

Ad avviso della Suprema corte la professione svolta dal ricorrente è motivo di maggiore “riprovevolezza”, considerato che le irregolarità era tali da non poter passare inosservate. Infondate le eccezioni sollevate dalla difesa, rispetto all’inutilizzabilità, ai fini della prova della responsabilità, della relazione del curatore, da considerare solo un elemento presuntivo al pari della consulenza tecnica.

Diverso il parere dei giudici, per i quali qualunque documento prodotto in giudizio è sottoposto al contraddittorio delle parti e rientra nella sfera del libero apprezzamento del giudice in un raffronto critico con gli altri elementi.

Inutilmente il professionista attira l’attenzione sulla documentazione dalla quale emergeva la costante attenzione al tema del mancato pagamento dei tributi, rispetto ai quali, almeno per un’annualità, era pendente un termine per il condono. E la scelta di avvalersene o meno, era di competenza degli amministratori. Una tesi che non convince, a fronte del fatto che le violazioni tributarie degli amministratori erano evidenti e registrate nei bilanci. Per i sindaci sarebbe stato semplice impedire le irregolarità denunciandole. Via che non era stata seguita.

Il primo profilo di responsabilità, rappresentato dal mancato pagamento delle imposte, stava nella scelta degli amministratori di dirottare le risorse finanziarie su impieghi diversi dalla soddisfazione dei debiti tributari, facendo così scattare una lesione agli interessi dei creditori rappresentata dal cumulo di sanzioni ed interessi, sui quali è stato tarato il risarcimento. Un pregiudizio che il ricorrente è stato chiamato a colmare anche per l’anno il cui relativo bilancio era stato approvato l’anno dopo la cessazione della sua carica di sindaco.

I danni contestati risalivano, infatti, a condotte illecite commesse dal ricorrente quando il collegio sindacale da lui presieduto era nel pieno delle sue funzioni. Ed era dunque in una condizione in cui avrebbe potuto e dovuto rilevare e contrastare la cattiva gestione.

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