Penale

Carceri, i tre metri vitali sono al netto degli arredi fissi

di Patrizia Maciocchi

Lo spazio minimo di tre metri che il detenuto deve avere a disposizione nella cella, va calcolato senza considerare gli arredi fissi come i letti castello. Le Sezioni unite, con un’informazione provvisoria, anticipano la decisione invocata con l’ordinanza interlocutoria 14260/ 20.

La sentenza prende le mosse dal ricorso di un detenuto che chiedeva di essere risarcito per il trattamento inumano e degradante, come previsto dall’articolo 35-ter dell’Ordinamento penitenziario, a causa dello spazio nel quale era stato ristretto: al di sotto dei tre metri indicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Un’istanza accolta dal magistrato di sorveglianza, ma contestata dal ministero della Giustizia- Dap, per la scelta di sottrarre dalla superficie calpestabile l’ingombro degli arredi.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità si è spaccata, affermando le tesi dello spazio da calcolare al netto o al lordo. Secondo un orientamento va fatta una distinzione tra arredi fissi al suolo come letti a castello e armadi e quelli facilmente rimovibili come sgabelli, sedie e tavolini, che si potrebbero detrarre. Secondo l’indirizzo più favorevole al detenuto, lo spazio va considerato al netto, escludendo tutti i mobili senza distinzioni. Il principio secondo la quale “pesano” solo gli arredi fissi come i letti a castello è giustificabile con la con la considerazione che questi sono utilizzabili solo per il riposo, mentre il letto singolo si può usare anche per leggere, sedersi o svolgere altre attività quotidiane. La scelta tra i diversi punti di vista, comporta il riconoscimento o meno del diritto al risarcimento per la violazione dell’articolo 3 della Cedu che vieta i trattamenti inumani e degradanti.

La Sezione remittente ricorda che l’articolo 35-ter, è stato introdotto dopo la sentenza pilota Torregiani, con la quale i giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per il sovraffollamento carcerario. Un “rimedio” che prevede sia uno sconto di pena sia un ristoro in denaro per ogni giorno di carcere vissuto in condizioni non dignitose. I giudici del rinvio ricordano che la mancanza dello spazio vitale dei tre metri, è un forte indizio di trattamento degradante ma non la prova matematica, in presenza di fattori compensativi come, la breve durata della detenzione o lo svolgimento di attività al di fuori della cella o all’aperto. Ma anche su questo punto la giurisprudenza di legittimità non è univoca. In alcune decisioni si afferma che i fattori compensativi sono rilevanti solo quando lo spazio a disposizione del detenuto è comunque di tre metri anche se ci sono altre disfunzioni, mentre per altre la compensazione c’è anche se lo spazio minimo è sotto lo standard.

Ma la di là dell’ambito di operatività, più o meno esteso, dei valori compensativi, la risposta delle Sezioni unite fuga i dubbi sul calcolo dello spazio minimo. Per il Supremo collegio «nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti “a castello”».

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