Professione e Mercato

L’attività di verifica dei professionisti parte da sospetti concreti nell’impresa

di Dario Aquaro

Cosa fare, come, in che tempi e con quali prove a supporto. In equilibrio tra diritto del lavoro e norme sulla privacy, le investigazioni aziendali (interne ed esterne) si muovono entro pratiche ben precise. Punto di partenza: un sospetto concreto e puntuale sugli illeciti dei dipendenti, che riguardi persone fisiche o settori e funzioni aziendali. La corretta attività investigativa dev’essere veloce, precisa e documentata in ogni passaggio: «economica», dicono gli esperti, così riferendosi al minimo e necessario dispiego di risorse.

Le aziende possono procedere internamente, incaricando le funzioni addette al controllo (come Hr, auditing) di verificare e documentare i fatti, per formalizzare – o accantonare – le contestazioni. O possono rivolgersi all’esterno. Scelta, quest’ultima, guidata da diverse ragioni: distanza dagli ambienti di lavoro, particolare professionalità, disponibilità di mezzi (ad esempio, per perizie digitali), certificazione terza delle attività d’indagine.

«In un’era di alta falsificabilità dei dati, c’è bisogno di certificare i processi che fondano poi decisioni e azioni, anche legali. Di poter affermare e provare con certezza da dove provengono determinate informazioni, anche quando si è convinti di aver trovato la “pistola fumante” dell’illecito», osserva Marco Sideri, partner dello studio Toffoletto De Luca Tamajo. «Nove volte su dieci – spiega l’avvocato – la scelta delle investigazioni esterne avviene in momenti di crisi».

Nelle indagini aziendali si è diffuso l’utilizzo di figure ausiliarie: agenzie, periti forensi. Ma resta fermo che l’incarico va sempre ancorato a precisi sospetti, con limiti e presupposti definiti dalla stessa azienda: non si delega l’investigatore a vigilare in modo continuo per un certo periodo di tempo su un ipotetico rischio di illecito.

Da quando è stato disciplinato nel decreto 231, cioè dal 2017, è cresciuto molto il peso del whistleblowing, che si è aggiunto agli altri canali d’informazione come le relazioni al Cda o gli audit interni. «Le investigazioni che traggono origine dal whistleblowing devono naturalmente tener conto dei diritti del segnalante sia nella fase di verifica che in quella successiva dell’azione commerciale, lavoristica o penale. Ma come tutte le segnalazioni – sottolinea Sideri – anche questa va passata al setaccio».

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