Civile

La controllata estera non fa presumere una stabile organizzazione ai fini Iva

di Diego Avolio e Benedetto Santacroce

In ambito unionale si è tornati a parlare di stabile organizzazione occulta ai fini dell’Iva con le conclusioni presentate il 14 novembre dall’Avvocato generale Kokott nella causa Dong Yang Electronics (C-547/18).

La possibilità che una società controllata locale possa costituire una stabile organizzazione “occulta” della propria controllante non residente non andrebbe confinata al solo comparto delle imposte dirette. Nonostante i precedenti della Corte di giustizia abbiano interpretato la nozione di stabile organizzazione Iva in maniera estensiva, applicando il principio della prevalenza della sostanza economica, le conclusioni dell’Avvocato generale forniscono un’interpretazione restrittiva di tale nozione, con la conseguenza che gli accertamenti di stabili organizzazioni “occulte” dovrebbero essere confinati alle sole ipotesi di abuso. Sulla tematica si era già espressa la Corte di giustizia con le sentenze nei procedimenti Dfds (C-260/95), Daimler (C-318/11 e C-319/11) e, più di recente, Welmory (C-605/12). L’attualità del tema è pure dimostrata dalla circostanza che il Veg (il Vat Expert Group della Commissione Ue), dopo la pubblicazione della sentenza Welmory, ha predisposto un paper in cui sono state individuate le circostanze fattuali che dovrebbero verificarsi per l’esistenza di una stabile organizzazione ai fini Iva all’interno di un gruppo.

La possibile influenza della forma giuridica in cui è costituito un soggetto passivo, al fine di individuare in esso una stabile organizzazione di un soggetto non residente, è stata affrontata dalla Corte di giustizia dapprima nella sentenza Dfds, in cui i giudici di Lussemburgo hanno ammesso la configurabilità di una stabile organizzazione Iva in capo a una società autonoma sul presupposto che la stessa non fosse realmente indipendente dalla “casa madre” situata in altro Stato membro. D’altro canto, la sentenza Daimler permette di delineare il paradigma per cui il controllo non sarebbe condizione sufficiente a pregiudicare, agli effetti dell’Iva, l’autonomia giuridica della società controllata.

Diverso è il caso della subsidiary che nello Stato membro in cui è stabilita mette a disposizione della “casa madre” estera mezzi umani e tecnici per l’esecuzione, da parte di quest’ultima, di prestazioni di servizi nello Stato della subsidiary. Questa casistica è stata al centro della causa Welmory, in cui l’Avvocato generale Kokott ha osservato che per ritenere integrata una stabile organizzazione Iva «non sono necessari mezzi umani e tecnici propri nella misura in cui l’organizzazione disponga di mezzi terzi come se fossero propri». La Corte di giustizia (C-605/12) ha di fatto recepito questo orientamento, rimettendo l’accertamento dei fatti alla competenza del giudice nazionale del rinvio. Nello stesso senso si è espresso il Veg, secondo cui, laddove i dipendenti di una società sono posti sotto il controllo e la direzione di un’altra, ciò potrebbe integrare una stabile organizzazione Iva.

Ancora, più di recente, un orientamento del Comitato Iva (Documento – working paper n 974/2019), ha precisato che quando il magazzino in cui le merci sono trasportate in regime di “call off stock” è gestito da una persona o persone diverse dal fornitore, tale magazzino non deve essere considerato una stabile organizzazione Iva del fornitore.

La possibilità di considerare una società controllata quale stabile organizzazione “occulta” Iva della propria controllante è stata di recente sottoposta a un nuovo esame nell’ambito della causa Dong Yang Electronics.

In tale ultimo caso, la posizione dell’Avvocato generale Kokott è piuttosto netta, nel senso di affermare che una società controllata non può mai costituire una stabile organizzazione Iva della sua controllante salvo ipotesi - di carattere eccezionale - di gruppi societari che progettino strutture contrattuali finalizzate ad aggirare il divieto di pratiche abusive. Tale conclusione appare corretta, in quanto fondata sull’applicazione del principio di neutralità dell’imposta. Invero, nel valutare l’esistenza di una stabile organizzazione “occulta” ai fini Iva viene in considerazione il possibile danno erariale conseguente allo “spostamento” del luogo di tassazione dei servizi, tenendo conto del correlato diritto alla detrazione delle parti coinvolte nell’operazione. Così, quando il destinatario dei servizi è un soggetto passivo (una stabile organizzazione) autorizzato alla detrazione Iva, la riscossione delle imposte non sarebbe a rischio e l’abuso dovrebbe essere escluso.

Corte di giustizia Ue, conclusioni dell'Avvocato generale nella causa C-547/18

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