Civile

Pensione d

di Massimo Romeo

Sono “procedurali” le norme sul monitoraggio fiscale

Continua ad alimentarsi il dibattito giurisprudenziale sul carattere sostanziale o procedurale delle norme dell'ordinamento volte a sanzionare le violazioni commesse dai contribuenti sugli obblighi di monitoraggio fiscale e quelle che prevedono la presunzione legale relativa per gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Giunge ancora all'attenzione dei giudici milanesi (Ctr Lombardia 651/2020, presidente Marini ed estensore Palma) una vicenda in cui una contribuente impugnava un avviso di accertamento con cui l'agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione maggiori redditi imponibili (anno d'imposta 2008) in virtù di disponibilità finanziarie allocate su un conto svizzero e non dichiarate dalla contribuente in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale (articolo 4, comma 1, Dl 167/1990); fra i vari motivi di impugnazione la ricorrente deduceva l'illegittima applicazione retroattiva dell'articolo 12 , comma 2-bis, Dl 78/09, trattandosi di norma successiva all'anno d'imposta oggetto d'accertamento. Impostazione accolta dai giudici di primo grado, ma la Ctr mette in evidenza l'errore commesso dal primo giudice laddove ha ritenuto che le possidenze estere siano tassabili in Italia solo a partire dall'entrata in vigore del Dl 78/2009. Ciò in quanto, sin dall'entrata in vigore dell'articolo 4 del Dl 167/90 è stato introdotto per tutti i contribuenti residenti in Italia l'obbligo di dichiarare investimenti all'estero o attività estere di natura finanziaria da cui potessero derivare redditi assoggettabili ad imposizione in Italia. L'articolo 12, comma 2 del Dl 78/09, proprio al fine di individuare il proprio perimetro applicativo fa espresso rinvio agli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 del Dl 167/1990. L'articolo 6 del Dl 167/90 già disponeva una presunzione legale, sia pure limitata ai frutti derivanti da attività patrimoniali detenute all'estero; ma appare chiaro, chiosano i giudici, che tale previsione normativa da una parte non esonerava il contribuente dal dichiarare i capitali detenuti all'estero e dall'altra non impediva all'Ufficio di accertarne l'esistenza che doveva essere provata con gli ordinari mezzi di prova, senza poter ricorrere alla presunzione che valeva solo per i frutti civili maturati.

L'orientamento maggioritario sul tema sembra essere quello opposto alla sentenza in commento (ex multis Ctr Toscana,1600/2016 e Ctr Lombardia 4860/2016, 692-693/2017, 3479/2018) secondo il quale, trattandosi di norme sostanziali, l'applicazione retroattiva va esclusa. Sotto altro profilo va ricordata anche la sentenza 2165/2018 della Ctr Lombardia («Il Sole 24 Ore» del 31 maggio 2018) che ha espresso il principio in base al quale la contestazione di omessa compilazione del quadro RW è titolo autonomo e sganciato dalla presunzione di evasione, con la conseguenza che il termine prescrizionale è quinquennale e non quello relativo ai termini per l'accertamento.

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