Amministrativo

Gioco d'azzardo, le Regioni fissano le distanze minime dai 'luoghi sensibili'

Francesco Machina Grifeo

Le Regioni possono intervenire con misure tese a inibire l'esercizio di sale da gioco e di attrazione ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati "sensibili", al fine di prevenire il fenomeno della "ludopatia". Lo ha stabilito il Tar Valle d'Aosta con la sentenza 25 giugno 2020, n. 20, chiarendo che non tutti gli aspetti concernente la disciplina dei giochi leciti ricade nella competenza statale.

La questione partiva dal ricorso del gestore di una Srl contro il provvedimento di revoca della licenza (ex Art. 88 Tulps) operato dalla Questura di Aosta e motivato con l'applicazione della legge regionale 14/2015 (e successive modifiche e integrazioni). La norma vieta l'attività di esercizi commerciali con licenza da gioco se esercitata a una distanza - da misurarsi in linea d'aria - inferiore a 500 metri dai cd. "luoghi sensibili". E nel caso concreto il locale del ricorrente si trovava a 81 metri da un Istituto Scolastico per l'infanzia.

Secondo l'imprenditore la legislazione regionale violava la ripartizione di competenze tra Stato e regioni. Per il Tar, al contrario, i poteri delle regioni sono «dichiaratamente finalizzati a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica» (sentenza n. 300 del 2011) e sono ascrivibili alle materie «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), e «governo del territorio», nelle quali spetta alle Regioni e alle Province autonome una potestà legislativa concorrente (Corte cost. sentenza 27 febbraio 2019, n. 27).

Il quadro normativo e giurisprudenziale, prosegue la sentenza, consente espressamente alle Regioni d'intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l'esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal Dl n. 158 del 2012, come convertito. (Corte costituzionale, sentenza 11 maggio 2017 n. 108). Così ricostruito il quadro, per il Collegio il provvedimento impugnato costituisce "una puntuale applicazione della normativa della legge regionale n. 14 del 2015, e in particolare delle disposizioni che hanno anticipato l'entrata in vigore dei limiti di distanza e che hanno modificato il criterio di misurazione di quest'ultima".

Riguardo infine la supposta violazione del principio del legittimo affidamento, il Tribunale, accogliendo parzialmente il ricorso, afferma che qualora la revoca comporti "pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo". Ed esso va parametrato "al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico." "Tale ipotesi – continua la decisione - differisce nettamente da quella risarcitoria, di modo che anche le due azioni devono essere tenute distinte, sia con riferimento alla causa petendi, sia con riferimento al petitum".

Nel caso di specie, conclude il Tar, "è indubbio che il venir meno della licenza con chiusura immediata del locale abbia comportato i pregiudizi previsti dal primo comma della disposizione in esame e che questi debbano essere ristorati dall'amministrazione considerato l'affidamento del ricorrente sulla durata della licenza fino al 2023".

Tar Valle d'Aosta - Sentenza 25 giugno 2020, n. 20

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©